Dal sogno Scudetto alle ambizioni personali, Koulibaly spiega i segreti del Napoli

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Napoli – “Se mi vedete come calciatore e non come vostro amico ho sbagliato tutto”. Parte da qui Kalidou Koulibaly, che racconta la sua storia sin dalle origini ai microfoni di Dazn. Il senegalese intervistato da Diletta Leotta racconta il suo rapporto con Napoli e il Napoli.

Il Senegal, l’Italia e tutti i posti del cuore del difensore del Napoli in una splendida chiacchierata di 30 minuti, senza filtri. Dal sogno Scudetto alle ambizioni personali, passando per il significato di famiglia: il ragazzo di Saint-Dié-des-Vosges spiega i segreti di una squadra che in Serie A TIM non ha ancora mai perso.

Si parte con il caffè (“Ne bevo 4-5 al giorno“) per togliere la tensione, e poi via: “Qui al Napoli lo prepara sempre Tommaso Starace. Pensa che prima di venire qui non prendevo caffè, adesso ne prendo almeno 4-5 al giorno, tutti preparati da Tommaso. In realtà non ho mai preparato il caffè, speriamo bene (ride, ndr). Ho portato anche una miscela dal Senegal, rispetto al caffè napoletano ha un gusto diverso ma entrambi molto forti.

Napoli una città magica: “La gente che è fantastica, ma anche la bellezza della città. Io ho la fortuna di svegliarmi e avere subito davanti il mare, il Vesuvio, Capri. Poi è soprattutto la gente a fare la differenza, senti il loro affetto: Te ne accorgi quando arrivi qui, sognano e mangiano Napoli. Me l’avevano detto appena sono arrivato “A Napoli piangi due volte, quando arrivi e quando te ne vai”.

Carattere umile: “Ho sempre avuto amici stretti che vengono a vedermi, sono cresciuto con loro e tutti coloro che mi conoscono devono farlo come Kalidou, la persona con cui sono cresciute. Vorrei che gli amici mi vedessero come il ragazzo che andava a scuola con loro, non come il calciatore famoso che sono diventato. La mia infanzia è stata molto bella, sono nato in Francia. Mio padre faceva il falegname e mia madre la cameriera, sono cresciuto insieme ai miei due fratelli. La cosa particolare è che nel quartiere dove abitavo c’erano tantissimi stranieri: turchi, arabi del nord, africani. Parlavamo tutti francese e quello ci univa, eravamo come una grande famiglia. Spesso li invitavo a casa, cucinava mia mamma”.

Famiglia: “A casa poi parlavamo solo senegalese mentre fuori casa si parlava solo francese, parlare due lingue fin da bambino mi ha aiutato anche a crescere più velocemente e voglio che anche i miei bambini crescano così. Il mio ricordo più bello? Una partita al Mondiale del 2002 tra Francia e Senegal, noi tifavamo per entrambe. Vinse il Senegal con un gol di Diop, io la vidi a scuola. Dopo la partita, uscito da scuola, vidi tutta la gente del quartiere ballare di gioia, anche chi non era di origine senegalese. Quell’episodio me lo ricordo ancora oggi con tanta felicità, non lo dimenticherò mai”.

Il rapporto con Ghoulam al Napoli: Al Napoli c’è un gruppo unito. Ci conosciamo da anni, spesso usciamo insieme e le nostre famiglie si conoscono benissimo. Quando sento parlare altri calciatori delle loro squadre e poi penso al Napoli, credo davvero non ci siano paragoni. Nessuno vive come noi e questa cosa si vede anche sul campo. Ghoulam? Con lui abbiamo fatto varie iniziative, andando in scuole oppure ospedali. Lo reputo un fratello. Jorginho? È un grande (ride, ndr). È stato il mio primo compagno di stanza al Napoli, mi ha aiutato con l’italiano, mi correggeva sempre e scherzavamo. Poi in campo è stato straordinario, quello che ha fatto con il Chelsea e con l’Italia non mi sorprende. È un grande giocatore”.

Insigne: “Lorenzino… è la storia del Napoli. Un giocatore veramente fortissimo, ha fatto sempre bene e gli voglio davvero tanto bene. Non solo è un grande giocatore, è un grande uomo e una grandissima persona. “Tir’ a gir?” In allenamento non lo dice mai, lo fa. È anche meglio (ride, ndr). È una persona a cui tengo tanto, spesso ci sentiamo anche al telefono quando siamo in Nazionale. Se mi ha insegnato il napoletano? Dico spesso “fratmo”. Però non parlo ancora benissimo in italiano, ma mi faccio capire”.

Nazionale del Senegal: “Ci ho pensato per un anno intero, poi con l’aiuto dei miei genitori e dei miei amici è stato quasi naturale scegliere il Senegal. Pentito dopo aver visto la Francia vincere la Coppa del Mondo nel 2018? Mai! Magari se fossi stato in quella squadra, non avrebbero vinto. Credo molto nel destino. Cos’è la Teranga? È la terra dell’accoglienza. Quando un ospite viene deve sentirsi in famiglia. Ho avuto la fortuna di portare due amici napoletani lì e sono rimasti sorpresi, si sentivano trattati meglio che in famiglia. Quando raggiungi questa sensazione, vuole dire che hai raggiunto l’obiettivo di far provare lo spirito della Teranga”.

Il rapporto con Spalletti: “Ci ha dato tante cose, soprattutto la mentalità. Lui ha sempre avuto molta stima di questa squadra e del suo gioco. La prima cosa che ci ha detto quando è arrivato è stata “Devo cercare il problema che ha questa squadra, perché non è normale che non vince”. Quello ci ha fatto subito scattare qualcosa nella testa, una persona che arriva da fuori che dice questo ti fa riflettere. La bellezza di Spalletti è che quando è arrivato ha avuto l’umiltà di dire che il lavoro fatto da Gattuso prima di lui è stato buonissimo. Lui non è qui per cambiare cosa ha fatto prima Gattuso, ma di mettere cose in più. Ha avuto l’umiltà e l’intelligenza di presentarsi in questo modo”. Poi un aneddoto: Mi chiama in tanti modi – continua sorridendo il difensore del Napoli –. Mi chiama anche generale o comandante. Dice che sono un leader, ma io faccio ciò che penso sia giusto. Sono qui da 8 anni e mi sembra normale aiutare chi è arrivato da meno tempo. Sono consapevole che quando sei al Napoli giochi per una città intera, per milioni di persone. Ci sono tifosi in tutto il mondo, dobbiamo capire che quando scendiamo in campo dobbiamo essere al 100% perché giochiamo per tutta questa gente. Come chiamo io Spalletti? Il mio papà (ride, ndr). È una cosa che dicono i miei compagni, perché ogni allenatore che arriva mi fa sempre giocaretitolare e allora dicono che quel mister è il mio papà.In che ruolo impiegherei Spalletti in un film western? Sicuramente il cowboy. Lui può avere questo atteggiamento un po’ misterioso, che lotta per la giustizia. Ci sta l’accostamento”.

Che titolo darei ad un film su questa stagione del Napoli? “Memorial Maradona. Mi piacerebbe tantissimo, con uno scudetto sarebbe ancora più bello. Pensare che una persona come Maradona abbia avuto una bella considerazione di me è stato fantastico, non tutti possono avere questa fortuna. Gli mandai una maglietta, poi lo abbiamo incontrato qui a Castel Volturno e quando siamo andati a giocare a Madrid contro il Real”.

Osimhen: “Racconterei la storia del suo primo anno, che è stato difficile. Mentre ora si sta imponendo come un giocatore fortissimo, nessuno si aspettava fino a questo livello. E sono sicuro che non abbia finito di dimostrare chi è. Come persona posso dirvi che è un ragazzo eccezionale, tranquillissimo e umile. Fa pure ridere, fa scherzi in particolare a Manolas. Dopo qualche gol vedete come festeggia, fa balletti anche con Insigne.È una persona straordinaria, lo voglio aiutare a raggiungere i suoi obiettivi. Si mette sempre a disposizione di tutti. Dall’esterno gli dico chapeau. Spalletti l’ha caricato e lo ha aiutato tanto nel migliorare alcuni aspetti un cui ancora non faceva benissimo, ma posso anche dire che ad aiutarlo è stato Gattuso lo scorso anno. Gli ha dato tanta fiducia, poi Spalletti è riuscito a migliorare alcuni dettagli e questa combinazione gli ha dato tanta forza oggi”.

L’incontro con Benitez: “Mi ricordo quando sono arrivato al Napoli. C’era Benitez e non avevo ancora fatto un allenamento, ci ritrovammo a pranzo e lui prese 11 bicchieri di plastica e iniziò a farmi vedere i movimenti della difesa. Benitez mi ha aiutato tantissimo, mi ha fatto giocare nei primi sei mesi appena arrivato. Dopodiché sono stato di più in panchina perché mi disse di osservare il calcio italiano, totalmente differente da quello che avevo giocato in Francia e in Belgio. Ricordo di avergli anche staccato due volte il telefono in faccia (ride, ndr). Ero al Genk, lui mi chiama e mi parla in inglese, ma io ho creduto fosse un mio amico che voleva farmi uno scherzo. Dopo due volte mi chiamò il mio agente dicendomi che al telefono era davvero Rafa Benitez. L’ho richiamato e penso di essermi scusato almeno 100 volte. Poi abbiamo iniziato a parlare e lui mi ha detto di essere interessato al mio acquisto. Sono stato molto sorpreso”.

Episodi di razzismo negli stadi: “All’inizio è difficile metabolizzarli. Pensi che a sbagliare sia tu. Ciò che invece è bello è che la città di Napoli più volte ti ricorda che quello sbagliato non sei tu, che sei la persona giusta. Penso si possa combattere ancora di più questo fenomeno, ma già oggi qualche passo in avanti c’è stato. Le parole di Chiellini nei miei confronti? Voglio molto bene a Giorgio. In campo non possiamo essere amici, ma fuori dal campo è una persona straordinaria. Mi ha sempre difeso su tutti i fronti, mi ha dato anche consigli calcistici. Quando mi ha chiamato mi ha chiesto scusa a nome di tutti gli italiani e mi ha sempre detto di essere con me, ciò mi ha dato anche la forza di andare avanti”.

I ringraziamenti all’arbitro Irrati: Quanto Irrati fermò una partita dopo i cori contro di me? È una persona che stimo, quello fu un gesto molto forte. Mi ha dato una visione diversa degli arbitri. Venne da me con tutta calma e mi disse “Kalidou, se per te è un problema fermiamo la partita”. Io ero completamente sorpreso, perciò lo devo ringraziare. Mi ha dato davvero la forza di iniziare a lottare contro il razzismo. Se sono l’uomo che sono oggi è anche grazie a lui”.

I Napoletani:  “Quando allo stadio tutti i tifosi del Napoli si presentarono con la foto della mia faccia? Appena li ho visti mi sono stupido, ho avuto un attimo di timidezza. Non me l’aspettavo, era bellissimo. In quel momento ho pensato che non ci fossero soltanto i 22 giocatori in campo, ma che avessi tutta quella gente dietro di me a sostenermi. Questa città e questi tifosi mi hanno dato tutto e io voglio ripagarli, non solo in campo ma anche quando non gioco. Quando vado fuori Napoli per giocare e dopo 2-3 giorni torno, sono sempre felicissimo. Quando vedo l’affetto che questa gente che ha per me, io posso esserne solo contento e felice”.

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