Napoli – Lui è ancora qua, eh già. La canzone di Vasco viene in mente automaticamente seguendo la prima conferenza stampa di Antonio Bassolino candidato sindaco alle prese con la diretta streaming, le norme anti-covid da far rispettare ai giornalisti presenti nel suo comitato elettorale di via Toledo, l’audio che tradisce con l’effetto-acquario quelli – compresa la moglie, Annamaria Carloni – che lo seguono da casa e cercano di avvisare la truppa: “Non si senteee!”.
Anno 2021. La sua prima volta da candidato fu nel 1993. Certo, in questo ruolo – ricorda – ha sempre vinto: 2 volte la corsa a Palazzo San Giacomo e 2 volte la corsa a Palazzo Santa Lucia. E ora, 19 assoluzioni dopo e quello che considera il grande tradimento, quello del Pd, il partito di cui addirittura si definisce “pre-fondatore”, ma che gli ha voltato le spalle non prendendo nemmeno per un attimo in considerazione il sostegno alla sua autocandidatura, ha una voglia matta di togliersi troppi sassolini dalle scarpe. Anche se la strada – ammette – “è in salita”.
In effetti, Bassolino avrà da qui al momento delle elezioni un primo obiettivo da centrare: convincere i napoletani che la sua non è una candidatura a caccia di rivincite personali. O peggio: che la sua non è una operazione nostalgia.
Evidentemente, anche per questo dice: “I napoletani non dovranno eleggere un curatore fallimentare, ma il sindaco del Recovery Fund”. Amen.
Salvo poi aggiungere: “Proprio come nel 1993, in una situazione non meno difficoltosa di questa, dovettero eleggere il sindaco del G8”. Ahi. La lingua batte dove la memoria lo fa andare con più piacere.
Ma, rispetto a 28 anni fa, il mondo è cambiato per qualsiasi paragone.
Anzi. Certe cose che dovevano cambiare, leggi Bagnoli, sono rimaste intatte. Il che può essere anche peggio. “Nessuno può tirarsi indietro – dichiara a tal proposito il candidato Bassolino – Oggi servono risorse aggiuntive e non sostitutive come quelle del Recovery Plan. Quanto alla colmata c’è una legge che ne impone la rimozione e va rispettata”.
Sul Recovery, quindi. Bassolino la mette così: lanciando un appello al resto del mondo col quale si dovrà misurare alle urne. “Dobbiamo fare sistema per ottenere il massimo delle risorse. E’ su questo che occorre confrontarsi, non sul piano della polemica politica. Le idee ci sono, ma bisogna concretizzarle entro il 30 aprile. Poi ci divideremo alle urne. Ma ora serve unità”.
“Napoli è una città metropolitana di 3 milioni di abitanti – argomenta ancora – dobbiamo ripensare il Comune dentro la Città metropolitana. La nostra è una città dissestata nelle strade, nel verde e nel bilancio. C’è un grande disagio civile e una certa disattenzione per il quotidiano. Ma proprio per questo il 30 aprile è una data chiave: entro quel giorno va approvato il bilancio e va presentata la versione definitiva del Recovery Plan”.
A proposito di soldi: serve una legge speciale su Napoli per liberarla dal peso dei 5 miliardi di euro di debiti che ha accumulato? “Più che una legge speciale per Napoli, serve una legge per tutti i Comuni in difficoltà. Certo, Napoli è praticamente già in dissesto…”, risponde. Marcando la sua posizione rispetto alla proposta lanciata dal Partito Democratico.
Partito a cui, a un certo punto, rivolge una frase: “Penso di poter dare una mano anche alle forze che si sono suicidate…”.
Eh già, Bassolino è ancora qua. Anche se, a manifestargli stima e a prospettargli un’alleanza nell’ambito del centrosinistra, finora, è stata solo Azione, il partito dell’ex ministro Carlo Calenda. Anche se la stessa strada per mettere in campo le sei, sette liste che si prefigge a suo sostegno non è agevole. E anche se il primo sondaggio riservato, oltre un mese fa, è stato decisamente sconfortante. Bassolino è ancora qua.