Home Napoli Cronaca Napoli Armi dall’Austria per la nuova faida: ecco i nomi degli arrestati

Armi dall’Austria per la nuova faida: ecco i nomi degli arrestati

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Una retata in cinque province per riuscire a mettere a segno un colpo importante. Le armi sequestrate alla camorra era pronte per essere usate per una nuova faida di camorra. Ecco il retroscena che emerge dalla retata che ha portato in carcere 16 persone. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia e svolte dai Carabinieri di Torre Annunziata, iniziate nel febbraio 2017, hanno permesso di individuare ed identificare nel corso del tempo i responsabili di un’associazione dedita al traffico internazionale di armi – tra cui  Kalashnikov e mitragliatrici Skorpion – coordinata da Domenic Boccia, originario di Terzigno, con la collaborazione di Mario Amelio Carillo, corriere di fiducia, Vincenzo Sdino, custode delle armi e delle munizioni, e Licenziato Raimondo, coinvolto nell’approvvigionamento delle armi nonché intermediario con i clienti.
 
Le attività d’indagine, sviluppate in collaborazione con l’Autorità Giudiziaria e le forze di polizia austriache, hanno consentito di identificare i fornitori esteri, Eduard Senior Lassnig e Eduard Junior Lassnig, residenti in Völkermarkt (Austria),  e di documentare i movimenti sul territorio austriaco degli indagati campani. Nel corso delle indagini sono stati identificati i numerosi acquirenti delle armi, tra i quali anche appartenenti alla criminalità organizzata campana. Fornitori ed acquirenti, temendo di essere intercettati, avevano ideato un linguaggio in codice per riferirsi ad armi e munizioni che, a seconda del calibro o della tipologia d’arma, venivano accostate a un modello più o meno grande di autovettura, a un genere alimentare o pratica automobilistica. In tal modo un’arma corta diventava una “smart”, il calibro era una “cabriolet”, i revolver da 6 o 8 colpi divenivano forniture di “pomodorini” da 6 o 8 kg, una pistola calibro 38 diventava una “scarpa 38”, le munizioni venivano chiamate “lampadine” mentre i pagamenti erano le “pratiche” auto da espletare. Allo stesso modo i soggetti intercettati si autodefinivano come “avvocati” o “periti assicurativi” nel tentativo di dare una coerenza ai dialoghi.
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