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Tribunale di Aversa intitola sala al giudice ucciso dalla mafia: “Presto sarà Beato”

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Aversa  – “Rosario Livatino aveva fatto della sua professione una missione, quasi una vocazione. E’ morto per fare del bene alla sua terra, anche per questo spero che il Processo di Beatificazione, che per ora si è concluso a livello diocesano, possa definirsi nel più breve tempo possibile anche a Roma”.

C’è commozione nella voce di Domenico Airoma, Procuratore Aggiunto di Napoli Nord, quando illustra la storia personale del giudice Rosario Livatino, cui nel giorno del 27esimo anniversario della morte, avvenuta per mano della Stidda agrigentina, il Tribunale aversano ha voluto intitolare una sala al primo piano. Una cerimonia cui sono intervenuti alti magistrati come il nuovo Procuratore di Napoli Giovanni Melillo, il Procuratore Generale di Napoli Luigi Riello, il vice-presidente del Csm Giovanni Legnini, i responsabili delle forze dell’ordine, il Vescovo di Aversa Angelo Spinillo, che ha dato l’annuncio sulla conclusione del processo diocesano di beatificazione per il giudice Livatino, che Giovanni Paolo II definì martire della giustizia e della fede.

“Livatino fu il più giovane magistrato assassinato – prosegue Airoma – ma nonostante la giovane età credeva fermamente in valori alti, come l’indipendenza della magistratura, che lui praticava ogni giorno; diceva che un magistrato deve avere uno stile trasparente sia dentro che fuori le mura del tribunale. Tutto ciò perché secondo Livatino le istituzioni dovevano essere prima di tutto credibili, e per questo riteneva determinanti i comportamenti dei funzionari pubblici, come i magistrati”. Il presidente del Tribunale Elisabetta Garzo riporta varie frasi di un discorso pubblico tenuto da Livatino, in cui il giudice ribadiva che “solo il magistrato che resterà libero e indipendente non avrà tradito il proprio mandato”. “E’ ancora oggi un esempio per tutti noi” dice la Garzo. “Livatino – dice il Procuratore di Napoli Nord Francesco Greco – viveva la professione come un servizio per la collettività, per questo il suo messaggio oggi è sempre valido”. Per il vice-presidente del Csm Legnini, solo “l’efficienza della giustizia, e l’indipendenza dei magistrati, può fare da argine alla criminalità organizzata e all’insicurezza. Livatino lo aveva capito”.   

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