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Il 118 non lo ricovera e lui muore: familiari denunciano i medici. “Poteva essere salvato”

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I familiari di un 46enne di Bellona (Caserta) deceduto la mattina del 16 febbraio a casa, hanno presentato denuncia contro l’equipaggio del 118 di Caserta che era intervenuto senza però portare l’uomo in ospedale, adducendo come giustificazione, a detta dei denuncianti, che il ricovero in ospedale avrebbe potuto provocargli il contagio da Covid.

La Procura di Santa Maria Capua Vetere – sostituto Gionata Fiore – ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, indagando i due medici dell’ambulanza; l’iscrizione dei sanitari è peraltro anche un atto dovuto per permettere ai loro legali di assistere all’autopsia disposta sul corpo del 46enne.

A rendere nota la vicenda è lo Studio3A-Valore S.p.A, specializzato a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, cui si sono rivolti i familiari del 46enne, che hanno presentato denuncia ai carabinieri di Vitulazio. La vittima si chiamava Michele Messuri e abitava a Bellona con l’anziana mamma Maria; soffriva di epilessia, ma assumeva regolarmente i farmaci prescritti. La mattina di lunedì 15 febbraio, il 46enne, si legge nella nota dello Studio3A, “Michele comincia a manifestare difficoltà e insufficienze respiratorie sempre più serie, al punto che i familiari nel pomeriggio chiamano il 118. I sanitari, sopraggiunti alle 17.30 con l’ambulanza dall’ospedale di Caserta, gli misurano la saturazione di ossigeno, la febbre (già alta) e altri parametri, senza però sottoporlo al tampone, e non ritengono necessario trasportarlo al pronto soccorso, limitandosi a prescrivergli un antipiretico, un antibiotico e del cortisone e a indirizzarlo dal suo medico di famiglia per le relative ricette”. Stesso copione l’indomani mattina, 16 febbraio, quando “la situazione precipitata e ai problemi respiratori di Michele si aggiunge anche un reflusso di sangue sempre più copioso, dal naso e dalla bocca”. Accorrono altri parenti, e poco prima delle otto arriva il 118 da Caserta; “gli operatori rimangono circa un’ora, sottopongono Michele agli stessi accertamenti dei colleghi intervenuti il giorno prima – neanche stavolta gli fanno il tampone – e prima di ripartire lo lasciano con le medesime prescrizioni, antibiotico e cortisone. I familiari sono interdetti, il loro caro giace su letto che gronda di sangue, insistono per trasportarlo subito all’ospedale ma i sanitari avrebbero obiettato loro: ‘Se ce lo portiamo rischia di restare contagiato dal Covid. E’ peggio’. Mezzora dopo la loro partenza, alle 9.30, Michele accusa la crisi finale, non respira più: sotto gli occhi disperati della mamma, la sorella e il cognato tentano di praticargli il massaggio cardiaco e richiamano, per la terza volta, il 118. Ma non c’è niente da fare. Quando, un’ora e mezzo dopo, alle 11, arrivano i sanitari, mettono in atto tutte le manovre rianimatorie, provano anche con il defibrillatore, ma il paziente è già spirato”.

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