Benevento – Oreste Vigorito ha gli occhi lucidi, quasi non realizza ciò che sta vivendo. Dopo una corsa a perdifiato in compagnia di Inzaghi e Foggia si ferma davanti alle telecamere e parla a cuore aperto. Guai a fargli notare che lo stadio è vuoto: “La gente non va mai via dai gradoni, rimangono i loro cori e i loro suoni, basta saperli vedere. Questa corsa era una promessa che avevo fatto a mio fratello, gli ho detto che saremmo tornati e siamo tornati. Non era scontato fare festa, lo abbiamo visto anche stasera. Quando ci arrivi sembra tutto semplice ma poi ti ricordi tutti i sacrifici, quelle ore che hai sacrificato, il ragù che non hai mancgiato. Ma sì, un momento come questo ti ripaga di tutto”.
Gli insegnamenti di Ciro – “Dico alla gente di ascoltare i sussurri del vento e i battiti del cuore. Lo diceva Ciro e ai tifosi dico di fare lo stesso. Alla fine magari non vinceremo sempre, ma saremo felici di averci provato fino in fondo”.
Maglia speciale – “I miei nipoti mi hanno regalato questa maglia e sono contento che attraverso lei mio fratello sia con me. Questo stadio si chiama come lui perché la città lo ha voluto. Senza di lui tutto questo non sarebbe stato possibile”.
Mercato – “Acqusti? Pensavo che bastassero un nome e un cognome, invece poi ho capito che bisogna prendere giocatori idonei. In questo gruppo ci sono giocatori straordinari. Foggia non è un direttore sportivo, ma un ragazzo della mia famiglia. Non è il solo ma ha un posto speciale perché ha sofferto come noi”.
Remy – “Dove è arrivato? Non abbiamo la più pallida idea… sono belle bugie che il nostro direttore racconta”.
Festa – “Cosa faremo questa notte? Ce ne andiamo subito perché ci aspettano tutti”.