Benevento – Lo spilungone adombrato ha due piedi con cui potrebbe fare tutto, anche suonare la Primavera di Vivaldi. Si avvicina all’arbitro, blatera qualcosa in ‘itagnolo’ e aggrotta le sopracciglia. Il Ciro Vigorito non è Las Ventas di Madrid, soprattutto con i tempi che corrono, ma Alvaro Morata in quest’arena è un toro ferito. Il rosso estratto da Pasqua, più che innervosirlo, ne segna la resa definitiva.
Era già successo tante volte in questo avvio che fosse lo spagnolo a togliere le castagne dal fuoco juventino nascondendo i limiti di un gioco prevedibile. Ci stava riuscendo anche nel Sannio, con l’ennesima prodezza: controllo orientato sul lancio di Chiesa, finta di andare sul destro e mancino funesto per il vantaggio. Correva il minuto 21 e persino nello sguardo del sempre impassibile Pirlo si poteva leggere dell’ottimismo. Una volta centrato il due a zero, del resto, la pratica Benevento sarebbe stata archiviata.
Una volta, certo. Perché la differenza è tutta lì: il due a zero non è mai arrivato. Anzi, il Benevento ha difeso con le unghie e con i denti il minimo svantaggio per poi provare a farsi avanti. Ha scelto un momento che più giusto non si potrebbe, la squadra di Inzaghi: Letizia ha trafitto Szczesny sul calare della prima frazione, lasciando i bianconeri a secco di una reazione immediata. E pure quando al rientro dagli spogliatoi tutti si aspettavano una Juventus veemente, è stata la Strega a farsi notare di più per i ricami difensivi impeccabili. Una sola chance è stata concessa a Morata, che ha fallito il 2-1 a porta vuota, ma al netto di quell’occasione bisognerebbe poi giungere all’85’ per trovarne un’altra degna di nota, con lo smarrito Dybala a chiamare Montipò all’intervento da posizione più che propizia per un talento come il suo.
Gli ultimi undici minuti sono stati una corrida. Pirlo ha agitato il mazzo di carte ripetutamente cambiando posizione ai suoi uomini e ottenendo come risultato una preoccupante confusione tattica. I nuovi guai bianconeri, come se non fosse bastato già il resto, hanno liberato definitivamente il Benevento dalle sue paure. Sono stati la lotta, l’altruismo e la generosità a condurre i giallorossi di Inzaghi verso un punto che sa di vittoria, perché vittoria poteva anche essere se solo fossero state adottate scelte lucide in contropiede.
Tanto si sta discutendo dell’assenza di Ronaldo e troppo poco dell’umiltà calcistica degli uomini in giallorosso. Già a Firenze si era vista una squadra operaia, brava soprattutto a limitare i suoi errori, condizione necessaria per far punti (lo rimarcammo qui). Contro la Juventus il coefficiente di difficoltà era ben più alto, eppure di mancanze se ne sono viste poche. Una, anzi, una soltanto: il posizionamento sul gol di Morata. Letizia sale aspettando lo sviluppo offensivo di un’azione che poi sfuma. A quel punto Ionita è in ritardo sulla copertura dello spagnolo lanciato a rete dalla parabola di Chiesa.
E detto di parabole e di Chiesa, il punto con la Juventus sembra somigliare tanto al famoso granello di senape di cui parlano i vangeli. Solo se alimentato potrà portare grandi cose nel paradiso del calcio che ha appena accolto il suo ‘dieci’. “Un uomo ha gettato il granello più piccolo nel suo orto – si legge – ma col tempo è cresciuto ed è divenuto albero”. E’ sotto i suoi rami che in futuro dovrà trovare riparo il Benevento. Sì, è proprio una buona domenica.