Il 5 giugno 1688 il terremoto che devastò il Sannio, oggi la sfida è la prevenzione non strutturale

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Benevento  –  “Era il quinto giorno di Giugno, Sabato vigilia della SS. Pentecoste, sesta del nostro insigne Collegio di S. Spirito nella Chiesa di S. Maria di Costantinopoli, quando io, Abate del medesimo, preparavami per andarvi à celebrare la solennità de’ primi Vespri. Ed, essendo già hora, pensava d’inviarmi verso colà […]. Ed ecco, che sonate le 20. hore, sentii una grande scossa alla stanza. […] ed in un subito (erano le venti hore, e mezza) senza accorgermi di altra scossa, vidi precipitarmi addosso la soffitta, e tetto della stanza. […] onde cessata la scossa, restai tutto pesto, e contuso sotto le rovine della soffitta, del tetto, e del muro à me vicino… [Sarnelli 1688, pp.70-71]”

Pompeo Sarnelli, all’epoca Abate del collegio di Santo Spirito a Benevento e testimone oculare dell’evento, così raccontava i terribili attimi della scossa da lui stesso vissuti.

Oggi ricorre il 330° anniversario di quello che resta uno tra i più devastanti e potenti terremoti della storia d’Italia.  Le vittime a Benevento furono quasi 1400 dei 7500 abitanti che la città all’epoca contava. Un numero imprecisato di vittime si contarono anche a Napoli e ad Avellino. Già all’epoca si ritenne che se il terremoto fosse avvenuto in piena notte avrebbe fatto un numero ancora più elevato di morti. Il comune più colpito fu quello di Cerreto Sannita dove morirono 4.000 persone (la metà degli abitanti). A Guardia Sanframondi i morti furono 1.200, a San Lorenzello 600 su 1.000.

Dopo accurati studi, venne stabilito che la potenza del terremoto fosse compresa tra il X el’XI grado della scala Mercalli individuando l’epicentro nella zona “Benevento-Cerreto Sannita”.

Come riporta la ricerca dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia, a cura di  Filippo Bernardini (INGV-Bo), Concetta Nostro (INGV-CNT), Maurizio Pignone (INGV-CNT) e Carlo Meletti (INGV-Pi), per ricostruire la storia del catastrofico evento e lo scenario degli effetti sul territorio, i sismologi storici hanno svolto una approfondita ricerca in vari archivi, dislocati tra Italia e Spagna: principalmente l’Archivio di Stato di Napoli, ma anche l’Archivio General di Simancas in Spagna, per quanto riguarda il Regno di Napoli (notizie utili sono state inoltre rintracciate anche nella documentazione diplomatica conservata presso l’Archivio di Stato di Venezia); l’Archivio di Stato di Roma e l’Archivio Segreto Vaticano per quanto riguarda invece il territorio appartenente allo Stato Pontificio

Il vecchio abitato di Cerreto Sannita, totalmente raso al suolo dalla scossa, fu abbandonato. Il conte Marzio Carafa, feudatario di Cerreto, su consiglio di tecnici e ingegneri decise di ricostruire la nuova cittadina più a valle, su un terreno considerato più stabile e seguendo criteri di costruzione considerati all’epoca moderni e antisismici: una pianta con strade larghe, isolati squadrati, edifici di 1 o 2 piani, muri di pietre squadrate.

Imponenti furono anche gli effetti causati dalla scossa sull’ambiente naturale e sul territorio. Grandi spaccature si aprirono nei monti del nostro Sannio, accompagnate in alcuni casi dalla fuoriuscita di gas, nacquero nuove sorgenti, altre già esistenti si intorbidarono. Ci furono frane e cadute di massi dai versanti montani. Un’enorme frana si abbatté sul villaggio di San Lorenzello e uccise centinaia di persone su un migliaio di abitanti. I fiumi Sabato e Volturno subirono deviazioni e intorbidamenti. A Benevento la situazione era anche peggiore, con gran parte della città in rovina.  L’impatto della notizia del terremoto del 1688 fu così forte che il Papa inviò i suoi esperti della Camera Pontificia per visionare gli edifici distrutti di Benevento. Dalla Chiesa di Santa Sofia crollarono le aggiunte medievali, la cupola centrale e il campanile romanico che dopo l’evento si decise di ricostruire lontano dalla Chiesa, nell’attuale posizione.

Intanto questa mattina, proprio a Cerreto Sannita, si è discusso di: “Sismicità dell’area del Matese, Vulnerabilità e Resilienza”. Dopo le dimostrazioni e le attività esercitative tenute da Vigili del Fuoco, Croce Rossa, Misericordia, ANPAS e Protezione Civile, alle ore 18, 30 nella Collegiata di San Martino sarà celebrata una Santa Messa in suffragio delle vittime del terremoto del 5 giugno 1688 e di tutte quelle perite in conseguenza dei disastri naturali che hanno colpito il territorio cerretese nei secoli.

Relatore del convegno odierno il geologo e coordinatore della comunicazione sui terremoti per l’INGV, Maurizio Pignone: “Stamane si è parlato di sismologia facendo una carrellata su tutti i terremoti che dal 1456, fino a quello dell’Alto Casertano del 2013, hanno colpito le nostre zone. Attraverso documentazioni storiche cerchiamo di comunicare l’importanza del conoscere il grado di pericolosità e la probabilità che avvenga un terremoto nelle aree in cui si vive. Il Sannio ha un altissimo grado di pericolosità. I terremoti avvengono dove già sono accaduti e dunque torneranno. Noi dobbiamo impegnarci a ridurre gli effetti devastanti. Come INGV ci occupiamo della prevenzione non strutturale. L’obiettivo è aumentare la conoscenza; i cittadini devono conoscere la storia sismica e ad oggi la percentuale delle persone che conosce il grado di pericolosità del suo territorio è al di sotto del 15 %.”

Anche per questo – conclude Pignone siamo molto attivi sui canali social, il sito e il blog affidabile dell’INGV. Inoltre, insieme al dipartimento Protezione Civile, portiamo avanti la campagna di sensibilizzazione nelle piazze italiane denominata:  IO NON RISCHIO. Un appuntamento in cui gli stessi cittadini divulgano informazioni per ridurre il rischio. La speranza è che il parlare riesca ad aumentare il livello di percezione e la prevenzione non strutturale”.  

Puoi leggere tutta la storia del terremoto del 5 giugno del 1688 cliccando QUI

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