Benevento – Una storia che ha lasciato di stucco tutti, il suicidio di un ragazzo di 19 anni è un cazzotto nello stomaco per le persone che lo hanno amato. Ma non è solo questo, è una sconfitta per la società. Messaggi di insofferenza che non sono stati colti, un allarme che non ha avuto il sostegno per farlo rientrare.
Il rapporto genitori – figli è sempre più delicato. Forse saranno i tempi che cambiano, forse un dialogo che stenta a decollare tra le parti ma non per una colpa specifica degli uni (i genitori) o degli altri (i figli). Di sicuro c’è un fatto oggettivo, un 19enne, Pierfrancesco, che ha deciso di togliersi la vita in una notte di ottobre.
Difficile provare a entrare nella questione, o meglio, impossibile. Si può provare a capire, per sommi capi, cosa si può scatenare nella testa di un giovane che arriva a una decisione così drastica. Parlare con una psicologa è servito a poter comprendere che tante sono le cose da migliorare nella fase di accompagnamento di un giovane. Supporti alla scuola, istituzioni, la politica. Insomma un insieme che dovrebbe attrezzarsi meglio per evitare di sentire notizie come queste.
E poi c’è la mente delle persone, quelle fragili. Difficile entrarci dentro ma, come ha spiegato la dottoressa Anna Tecce, psicologa, ci sono comunque dei segnali di cui tenere conto. Segnali che denotano un rischio di suicidio. Parlarne, ad esempio, in maniera diretta o indiretta, può rappresentare un campanello d’allarme. Oppure isolarsi da amici e famiglia, fino ad arrivare a uno stato di gioia improvvisa dopo un periodo di stato depressivo. Tutti segnali che la dottoressa ha definito come fattori di rischio.
E’ un mondo complicato quello dei giovani, specie in questo periodo. Lo è ancora di più quando ci si trova di fronte a situazioni come queste. Realmente si ha la sensazione che una storia come questa rappresenti una debacle totale per la società.
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