Specialità della casa: Genovese. Il menu del ‘ristorante Benevento’ ospita in prima pagina il piatto che riesce meglio allo chef Inzaghi e alla sua squadra di cuochi. Anche ieri al Ciro Vigorito tutto si è rivelato impeccabile, dal dosaggio degli ingredienti al tempo di cottura stimato in 57 minuti. Allo scoccare del timer sono arrivati l’assaggio, con la forchettata mancina di Insigne, e addirittura il ‘rigoroso’ bis. A servirlo è stato Sau, che ha aggiunto l’introvabile pepe sardo al piatto tipico napoletano.
Nei sei confronti complessivi in serie A con le due squadre di Genova il Benevento ha ottenuto ben quattro vittorie. Ai due successi di questa stagione vanno infatti aggiunti i due del campionato 2017/18, quando nel Sannio caddero prima la Sampdoria e poi il Genoa. Tradizione rispettata anche stavolta, con il via libera di un partenopeo doc a dare continuità a un’altra striscia che sta scandendo il piacevole andare della Strega.
Quello di Insigne è il quarto gol campano delle ultime sei partite. Fa seguito alle reti di Improta contro la Fiorentina, di Letizia contro la Juventus e di Schiattarella contro la Lazio. Un altro sigillo forgiato ai piedi del Vesuvio per tre punti dal valore inestimabile che fanno balzare la Strega a quota 15, con otto lunghezze di vantaggio sul terzultimo posto.
Al di fuori di voli pindarici farciti di filosofia, in casi come questo nulla conta più del risultato, ma se c’è qualcosa che in termini di importanza gli si può avvicinare è data dal consolidamento di un’identità che prescinde dagli uomini. Così come era già accaduto contro il Parma, alla squadra è mancato un regista puro. E allora ecco la variante: Ionita sostituisce Schiattarella nella posizione ma non nel ruolo, delegando le responsabilità a Caprari che si abbassa sulla linea dei centrocampisti e aumenta il carico dei palloni gestiti. Tiene la squadra corta, offre sempre una possibilità, conserva il possesso e prova il dribbling. L’attuale forza del Benevento viene da questi due fattori: capacità di mutare uomini tenendo fede a un’idea, e condizione fisica. Che in questo momento è straripante.
Dove non arriva la tecnica può arrivare la tattica, è un’antica legge del calcio che la Strega sta interpretando ai massimi livelli. Uomini giusti al posto giusto con compiti chiari. Il gol che sblocca la partita è qualcosa di già visto a Firenze, in occasione di un altro successo ricamato su un tessuto pregiato. Quando Hetemaj ruba palla a Czyborra ricorda quanto fece Insigne al Franchi con Biraghi. Aggressività, applicazione e lucidità. In un gioco in cui i tempi sono fondamentali per emergere, il Benevento sta dimostrando di riuscire a interpretarli come pochi.
Alla voce ‘note a margine’ stavolta ne troviamo due di diversa natura. La positiva riguarda il giovane Di Serio, classe 2001 in grado di calarsi sempre con estrema maturità negli spezzoni di gara a lui riservati. Bene con il Parma, benissimo con la Lazio. Ancora meglio col Genoa, nell’atto di assistere Sau con un filtrante sporco quanto basta nell’azione del rigore. Male, invece, malissimo, l’arbitro Giua. Non vede il fallo da rigore netto di Lerager su Caprari (era lì a due passi), fischia con evidente ritardo anche i tackle più banali, trasmette insicurezza. Si dice che un arbitro che si rispetti debba essere come il pane a tavola: essenziale ma poco vistoso, indispensabile senza rubare l’occhio. Ecco, il menu di cui sopra avrebbe meritato tutt’altro accompagnamento.