Quel ‘Sassuolino’ nella scarpa che ha frenato il Benevento

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Benevento – Ammassati in un angolo del campo, ben visibili nella foschia. Gli addetti al magazzino del Benevento ci hanno messo un po’ a raccoglierli e a caricarli sul furgone per un angosciante viaggio notturno. Decine, quintali di rimpianti tornano a casa con i giallorossi dalla trasferta di Reggio Emilia, dove il quarto risultato utile consecutivo è sfumato per questione di particolari impalpabili, inezie. E per notevoli meriti da riconoscere a un portiere in serata di grazia. 

Tra il 75′ e il 95′ il Sassuolo ha tenuto il possesso per soli 116 secondi. Se lo avesse pronosticato anche il più accreditato degli indovini nessuno ci avrebbe creduto. L’inferiorità numerica ha fatto il suo, ma la squadra di De Zerbi non ha neppure accennato ad uscire dalla sua area di rigore per provare a lanciarsi in territorio nemico, fatta eccezione per un contropiede di Bourabia spento da Letizia. E’ questo, insieme alle parate di Consigli, ad alimentare il rammarico in casa giallorossa. 

Ha detto bene Inzaghi: anche in parità numerica il suo Benevento stava meritando almeno il pareggio. Figuriamoci in undici contro dieci. La sensazione è che l’ingenuità del fallo da rigore commesso in avvio abbia indirizzato una partita che gli emiliani avrebbero fatto fatica a sbloccare, frenati dall’organizzazione tattica in crescita dei loro avversari. Montipò, al netto di sporadiche uscite, non corre rischi concreti dal sinistro di Dybala sventato nella sfida contro la Juventus. E oltre centottanta minuti senza patire scorribande per una neopromossa non sono certo un dettaglio trascurabile.

C’è poi un altro riscontro, quello dei tiri in porta. La Strega ne ha tentati trenta, alcuni finiti sul fondo, altri sulla schiena dei difensori, uno sulla traversa, ma almeno quattro annullati dai volteggi dell’estremo difensore neroverde. Quando il Sassuolo si è ritrovato a prendere alla lettera le disposizioni governative non uscendo dall’area,  ad ergersi a protagonista è stato il suo ultimo baluardo: d’istinto su Insigne, Caprari e Lapadula; di ‘soffio’ su Iago Falque, che lo aveva sorpreso con un sinistro a giro stampatosi sulla traversa.

Il rientro del galiziano è una nota lieta, accresce la cifra tecnica, ma i problemi vanno ora risolti a centro area. Lì è mancato il guizzo del killer, di un Lapadula nei panni del ‘Godot’ di Beckett, atteso a lungo ma invano. Spento, forse, dalla clamorosa occasione fallita nel primo tempo, quella che ha dato la svolta negativa alla sua prestazione. Qualcuno ha azzardato che al Benevento sia mancato l’istinto tipico di Paolo Rossi, che ha unito l’Italia nella gioia ‘mundial’ e nel dolore adesso. A chi non servirebbe, ma siamo realisti. Alla Strega è mancata soprattutto un’alternativa, una punta di peso da gettare nella mischia quando i cross sono aumentati. Un colpo di testa, banalmente. Nel cumulo dei rimpianti si fa strada soprattutto questo, maledizione.  

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