Genova – Lenta lavorazione. La sintesi del trionfo di Marassi è in uno dei punti forti del nuovo sponsor di maglia. Una vittoria meritata, voluta, agguantata con la capacità di affondare l’avversario quando nessuna reazione poteva ormai palesarsi. E poi gustata, sì, a doriani ormai cotti. Il destro di Letizia è un calcio alle frustrazioni di tre anni fa, un soffio che cambia la direzione del vento. Quel vento invocato da Inzaghi alla vigilia con un pizzico di presunzione, ma che è salito d’intensità col passare dei minuti spazzando via la Samp al tramonto della partita.
Il pomeriggio era iniziato male, con quei fantasmi pronti a uscire dall’armadio da un momento all’altro: lo svantaggio arrivato da una delle situazioni più patite nella precedente esperienza in A (il primo passaggio del portiere), la difficoltà a trovare il pari al cospetto di un Audero prodigioso, il due a zero incassato troppo facilmente, l’assenza di un chiaro equilibrio tra i reparti. I presupposti per tornare a casa con la coda tra le gambe c’erano tutti anche stavolta, come allora.
Cosa è mutato dunque? Una scintilla, si direbbe, ma c’è dell’altro. La differenza è nella testa, nel carattere che ha fatto grande il Benevento in serie B. Per certe cose il cambio di categoria risulta irrilevante. Se ce l’hai non ti perdi d’animo, non conosci ostacoli insormontabili. A un certo punto della gara, tra le tante frasi udite nel silenzio del Ferraris, si è fatto strada il grido di Schiattarella: “Dai ragà è lunga ancora, forza, non molliamo”. Mancavano venti minuti, la Samp aveva appena sfiorato il 3-1, ma nella testa del regista c’era l’assalto alla porta doriana. Una porta che a chiunque in quel momento sembrava piccola quanto quella di Hockey. Questione di punti di vista.
Ha avuto ragione lui e ha avuto ragione Inzaghi. Lo stacco di Caldirola sarebbe arrivato di lì a poco, anticipato dalle fiammate di classe cristallina prodotte da Caprari. Qualche minuto dopo il pari Superpippo sceglie di passare dal 4-3-2-1 al 3-5-2 prendendosi qualche rischio. La Samp scatta in avanti ma è una tigre senza artigli né denti. Letizia invece è un leone, a dispetto di una fisionomia da lepre. La mette dove Audero proprio non può arrivare. Nel primo tempo aveva compiuto una delle più belle parate della sua giovane carriera, ora ha la faccia di un pellegrino arrivato a Santiago senza aver trovato la pace auspicata. Impreca incredulo, poi si rassegna. Vince Montipó, che non paga invece un errore solitamente letale. E vince soprattutto il Benevento, che dimentica il passato e viaggia verso il futuro. Sarà solo una notte, ma che duri per sempre.
*Foto: uc Sampdoria, pegaso newsport