Apice (Bn) – “Un ciclo di affreschi dei Misteri di Nostro Signore Gesù Cristo, probabilmente commissionato agli inizi del 1800, è da oltre quarant’anni completamente abbandonato, incustodito e in fase di deperimento nell’oscurità dell’antica Chiesa di San Nicola ad Apice; sconosciute a molti, le opere murali, per le quali non esistono analisi e studi approfonditi rappresentano, forse, la più importante e completa espressione del genere presente sul territorio comunale: dodici affreschi che raccontano dell’incarnazione, passione, crocifissione, morte, sepoltura, discesa agli inferi, risurrezione e ascensione di Cristo; Il numero dodici sottende un importante valore simbolico nelle Sacre Scritture: dal numero degli apostoli alla pienezza dell’anno con i suoi mesi, passando per le dodici tribù d’Israele e le dodici porte di Gerusalemme immaginate da Ezechiele. Gli affreschi furono realizzati per volere di una ricca congregazione monastica nata ad Apice tra il XVI e il XVII secolo. L’artista è sconosciuto, non si leggono firme, la sua immagine è forse quella di uno dei tanti personaggi che affollano le scene, chissà”.
Così inizia il lungo post di Michele Intorcia, professore apicese di lettere all’Isola d’Elba. Una denuncia che colpisce tutti perché si tratta di cultura lasciata in uno stato di abbandono, dimenticata da tutti ma, cosa ancora più grave e importante, tenuta lontano da chi, per diritto e piacere, dovrebbe poterne usufruire: i cittadini di Apice.
“Non tutti sono a conoscenza di questa situazione. Da 20 anni vado in questi posti e ora c’è un’ordinanza che vieta di andarci e quindi io ho violato la legge. Andando una sera con degli amici, in una sera d’estate per una curiosità anche legittima, mi sono accorto, facendo luce, che c’erano questi dipinti murali e ho documentato tutto. Le figure hanno grande valore artistico, giusto il giudizio del Comm. Gino Chierici, Sovraintendente all’Arte medioevale e moderna di Napoli. Ho chiamato la dottoressa Federica Franci, restauratrice apicese di Firenze che si è accorta da una decorazione architettonica della cornice che era usata verso la fine del ‘700 – inizio ‘800. Sicuramente pitture antiche ma non si può risalire con certezza. Ciò che è certo è che si tratta di un patrimonio dall’inestimabile valore”.
Nella Chiesa di San Nicola tutto è immobile, ci sono vecchie riviste degli anni ’70 e ’80 ammassate nella canonica, mentre due biliardini appoggiati alle panche affastellate sono l’unica compagnia degli affreschi impressi nella sala della Congregazione.
“Entrando si nota lo stato di completo abbandono. La vecchia amministrazione un minimo assicurava la manutenzione, ora niente. C’è una galleria di alberi spaventosa. L’attuale amministrazione ha chiuso completamente questi luoghi e non si assume alcuna responsabilità evitando di dare a quel luogo anche la minima manutenzione. Sia chiaro, non parlo per simpatia o antipatia politica, non voto neanche ad Apice. Servirebbe una prima pulizia per permettere a chi di dovere di restaurare le opere ma servirebbe anche la voglia di farlo. E proprio per questo, va tirata in ballo anche la Curia di Benevento che è proprietaria degli affreschi. Per questo motivo la responsabilità di tale degrado va divisa tra le parti, non esiste uno più colpevole dell’altro”.
Sopravvive, incastonata nel muro, una delle più antiche testimonianze della fondazione di Apice: l’emblema del toro sormontato dal fascio, che, secondo alcuni, non sarebbe un segno di origine romana ma bensì il simbolo della fertilità
“Un’opera che ha più di 2000 anni, se è confermata l’origine, ed è altamente a rischio. Basta uno scalpello per portarlo via. Ed è ad alto rischio in una zona già depredata in passato. Dalla fontana, invece, qualcuno ha pensato di sradicare lo stemma che incorniciava il tubo”.
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