Benevento – Presso il Centro di Cultura “R. Calabrìa”, in P.zza Orsini 33, si è tenuto il decimo incontro dell’undicesima edizione di “CIVES – Laboratorio di formazione al bene comune” sul tema: “La vulnerabilità sociale e la povertà nelle nostre comunità”. Hanno relazionato Don Nicola De Blasio Vicario episcopale per la Carità della Diocesi di Benevento e la responsabile della comunicazione della Caritas Diocesana, Gabriella Giorgione. Coordinatore dell’iniziativa formativa è Ettore Rossi, Direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro.
Un incontro che è servito a fare il punto sulle varie attività svolte dalla Caritas, dall’ascolto, all’accoglienza, al servizio pasti passando per i progetti e alle politiche di inclusione sociale come Welfare and Welcome ed il ReI.
“L’obiettivo della Caritas è quello di scomparire”. Don Nicola De Blasio provocatoriamente spiega quale deve essere il ruolo dell’istituto sociale legato alla Chiesa: “Quando scompariremo sarà un gran giorno perché si saranno risolti tutti i conflitti sociali e al posto nostro ci saranno le persone a stare accanto agli altri. La cultura del dono e della carità sono fondamentali per dirimere i conflitti e le diseguaglianze. Noi forniamo gli strumenti, l’aiuto e l’appoggio alle persone partendo dallo studio dei fenomeni sociali, delle vulnerabilità e delle fragilità che coinvolgono tutti gli uomini, senza differenze di sesso, età, religione e colore della pelle”.
Don Nicola illustra i dati raccolti dalla Caritas per far comprendere la situazione critica che affligge il territorio di Benevento e provincia: “La classe media si assottiglia sempre di più, il tasso di disoccupazione giovanile, che comprende i giovani dai 15 ai 24 anni, a Benevento, ha raggiunto il 54%. Non è una città per giovani e di questo passo, con la desertificazione economica e sociale, tra 50 anni spariranno moltissimi paesi della nostra provincia. Dal 2015, anno dell’alluvione, sono raddoppiate le persone che hanno bisogno di un pasto, di un posto per dormire o semplicemente di essere ascoltate e la maggioranza sono italiani. Qui la crisi – prosegue il Vicario episcopale beneventano – non sembra essersi fermata, anzi. Inoltre chi accusa i migranti dice delle grosse bugie seminando odio e fomentando la guerra tra i poveri”.
E’ proprio sul tema immigrazione che la responsabile comunicazione della Caritas, Gabriella Giorgione, interviene: “Quella dello straniero che ci ruba il lavoro è una bugia storica e sociale che fa comodo al Ministero della Paura e agli aizzatori di odio. L’immigrazione non toglie possibilità ma, anzi, offre opportunità di crescita economica ma soprattutto sociale. Lo sgretolamento delle relazioni e del tessuto sociale può essere fermato proprio attraverso la buona accoglienza. E la Caritas – insiste Giorgione – svolge una funzione pedagogica per smontare categorie preconcette e il linguaggio d’odio e di testimonianza; perché i progetti ci sono e funzionano. Penso agli SPRAR che nel 2016, purtroppo, sono stati attivati solo in 25 casi su un totale di 250. La rete dei piccoli comuni, attraverso questi progetti, potrebbe rinascere accogliendo chi ha bisogno d’aiuto e sostenendo i giovani del nostro territorio che lavorano proprio grazie a questi progetti. In questo modo c’è vera integrazione e crescita e non ammassando le persone in case private o casermoni per far ingrassare criminali e sfruttuatori, bianchissimi e italianissimi”.
“Non solo SPRAR – prosegue Giorgione – ma anche i PTRI utili a fornire dei percorsi terapeutici individuali alle persone con fragilità psichiche. Fondi che l’ASL di Benevento non riusciva ad utilizzare; parliamo di 19 milioni di euro che grazie alla nostra insistenza sono stati investiti, almeno in parte, per aiutare ben 18 persone. I soldi ci sono per tutti e possono essere utilizzati per progettare una nuova coesione sociale”
Gabriella Giorgione conclude il suo intervento citando i nuovi progetti come Sale della Terra e l’Albergo diffuso ma soprattutto lanciando un messaggio ai tanti ragazzi presenti al Centro di Cultura “R. Calabrìa”: “Comunicare tutto ciò è stato ed è sempre molto difficile perché pochi si interessano e guardano al fenomeno migratorio con apertura, riscoprendo i volti delle persone. La Caritas, a cui mi sono avvicinata da laica, mi ha costretto a fare proprio questo: a guardare gli altri, ad ascoltare. La rivoluzione è proprio questa, guardare e guardarci”.