Montesarchio, l’idea di un calcio romantico in salsa basca

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È tempo di archiviare i festeggiamenti e iniziare a pensare al futuro in casa Montesarchio. Dopo la vittoria a Casamarciano nella finale play off, la squadra biancazzurra si è aggiudicata il pass per disputare il prossimo anno la Promozione. La società con a capo il presidente D’Ambrosio è pronta ad affrontare una nuova sfida nella sfida, ovvero rendere il Montesarchio una squadra composta da tutti atleti locali. Sono davvero tanti, del resto, i calciatori caudini che militano nei campionati dilettantistici e che, contrariamente al passato, oggi potrebbero tranquillamente dare vita a una formazione autoctona. Una squadra, insomma, profondamente legata al territorio grazie alla presenza calciatori del posto.

Sarebbe romantico pensare a una formazione che rappresenti un’identità tra il club e la città. Valorizzare i ragazzi del vivaio consentirebbe anche di contenere i costi di gestione, salvaguardando i bilanci societari in un momento di crisi economica generale e del settore calcio in particolare. I modelli da seguire non mancano, volendosi spingere nell’elite del calcio internazionale si potrebbe pensare ad esempio alla forte identità dell’Athletic Bilbao. Il club spagnolo ha una storia tutta sua, una storia di calcio e passione che affonda le proprie radici nel nazionalismo basco. Una delle ultime realtà calcistiche dove i sentimenti talvolta riescono a prevalere sul business. Questo, con i dovuti limiti, è il prossimo obiettivo del Montesarchio.

Un vivaio improntato sulla valorizzazione interna avrebbe effetti positivi in ottica prima squadra e nel rafforzare l’attaccamento ai colori sociali, sfruttando il fatto che i ragazzi della zona avrebbero una carica emotiva indossando la maglia della propria città. Il club caudino vuole dunque incarnare quello spirito di squadra che ne rappresenti in pieno l’identità culturale del suo popolo. La squadra del cuore nel vero senso della parola.

Non è solo una questione di tifo. Non è solo una questione politica. Non è solo una questione di fede. E non è nemmeno una questione di retorica. In un calcio così malato, questa nuova idea può continuare a far coltivare l’idea di un calcio romantico al quale abbiamo disperatamente bisogno di aggrapparci.

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