“Uomini dello Stato e imprenditori si arricchivano sulla pelle dei migranti”

ATTENZIONE!
Stai navigando all'interno del nostro sito web archivio che comprende gli articoli dal 2017 a fine 2021.
Per le notizie in tempo reale ti invitiamo a visitare Anteprima24.it
Tempo di lettura: 5 minuti

Benevento – Avrebbero truffato lo Stato al fine di conseguire erogazioni di denaro pubblico, commesso frodi in pubbliche forniture, corruzione e rivelazione di segreti d’ufficio, il tutto nell’ambito della gestione del business dei migranti.

L’incandescente materia dei flussi migratori dal Nord Africa nel cuore dell’Europa e la gestione della massa di disperati che si riversa sulle nostre coste e viene quindi ospitata in centri appositamente costituiti sparsi per tutte le Province italiane è deflagrata anche in città questa mattina con l’esecuzione di cinque provvedimenti di custodia cautelare adottati dal Gip Gelsomina Palmieri nell’ambito di un’indagine condotta dal Procuratore aggiunto Giovanni Conzo e dal sostituto Patrizia Filomena Rosa.

L’operazione congiunta di Polizia di Stato e Carabinieri è stata eseguita nei confronti di Paolo Di Donato, amministratore del consorzio Maleventum; Giuseppe Pavone, dipendente del ministero della Giustizia e Felice Panzone, dipendente della Prefettura: tutti e tre, dopo un interrogatorio in Questura, sono stati messi agli arresti domiciliari. Altre due persone, Salvatore Ruta, carabiniere, e Angelo Collarile, sono ancora trattenuti nella Caserma del Comando provinciale dei Carabinieri di via Meomartini.

La gestione di alcuni centri di accoglienza del Sannio aveva suscitato nei mesi scorsi non poche polemiche tanto che il 2 settembre del 2016 era stata convocata anche una Assemblea dei Sindaci sanniti presso la Rocca dei Rettori, sede della Provincia, in considerazione delle proteste che si levavano all’epoca dagli stessi primi cittadini contro quella gestione. Veniva contestato il fatto che, senza preavviso, la Prefettura aveva inviato sul territorio gruppi di migranti in case, abitazioni, fattorie e quant’altro che venivano messe a disposizione da privati per accogliere gli extracomunitari. Carenze di servizi igienici ed altre autorizzazioni erano alla base della protesta.

Il fenomeno, insomma, era ritenuto fuori controllo. L’inchiesta sarebbe però partita ancor prima che fosse in qualche modo ufficializzata la situazione dai Sindaci. Le ipotesi di reato contestato sarebbero infatti il frutto di un’indagine avviata nel 2015 dalla Digos e dai carabinieri del Nas di Salerno e del Nucleo investigativo di Benevento. Le presunte irregolarità emerse riguarderebbero i permessi per le strutture di accoglienza per i migranti, i certificati del Casellario giudiziario per i titolari delle strutture, le gare d’appalto per le forniture e altro. Del resto, già nei mesi scorsi alcune strutture erano state a più riprese sequestrate nella città capoluogo ed in altri comuni sanniti, anche a seguito delle proteste e addirittura delle rivolte scoppiate all’interno degli stessi centri da parte dei migranti. La Procura aveva proposto inizialmente la custodia in carcere sul presupposto della sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, ma il Gip è stato di diverso avviso e ha ritenuto adeguato il regime dei domiciliari per i cinque. L’indagine, comunque, è ancora in corso e ha portato finora a 36 indagati.

Questa mattina nella sede della Questura sono stati esposti nel dettaglio i contenuti dell’Indagine da parte degli esponenti della Procura, dei Carabinieri, della Digos  e del Questore Giuseppe Bellassai. Nell’introdurre l’incontro il procuratore-capo Aldo Policastro ha introdotto l’incontro ponendo l’accento sulla cooperazione tra le forze dell’ordine: “Questa indagine è stata complessa ed articolata. Ci sono state una sinergia e una collaborazione encomiabili con la  Guardia di Finanza. Quello  che emerge è un sistema complesso, in cui figurano un numero rilevante di migranti  che  vivevano in condizioni pessime. Questi ultimi sono parte lesa, subivano situazioni inaccettabili. Ciò che risulta grave è la permeabilità della Pubblica Amministrazione” 

Il Procuratore ha ricordato come i migranti abbiano protestato per  le pessima condizione e il pocket  money che doveva essere ricevuto dai migranti giornalmente e molto spesso veniva a mancare. Le difficoltà nelle indagini sono state rimarcate da parte di Policastro:L’Attività  investigativa  è stata molte volte intralciata, ma l’accertamento è stato meticoloso, l’indagine è stata lunga perché complessa”.
 
Successivamente ha preso la parola il procuratore aggiunto Giovanni Conzo: “L’indagine è stata avviata due anni fa. C’è stato un Business d’immigrazione. Persone che sfuggivano da guerra ed erano ridotte in condizioni atroci. Mancanza del certificato di accertamenti d’ agibilità, strutture con carenze igieniche evidenti, erano presenti fili penzolanti le camere erano fredde e i guadagni erano enormi. C ‘erano inoltre persone  colluse  nella  Pubblica Amministrazione”.
 
Il procuratore ha spiegato come Di Donato non apparisse nemmeno come soggetto legale del Consorzio ma che gestiva il tutto: “Con la collusione dei pubblici ufficiali riusciva ad avere l’attribuzione degli extracomunitari nel proprio centro in maniera superiore ad altri centri. I soldi  sono stati sottratti  dal gestore dei centri e i reati sono molteplici, ci sono mele marce all’interno delle forze dell’ordine.”

E’intervenuto inoltre il Questore Giuseppe Bellassai: “Il Giro d affari è stato molto forte, Di Donato aveva tessuto una ragnatela consentendo ai suoi 13 centri di  lucrare sulla gestione. I centri per migranti si sono moltiplicati: dai 39 salirono a 78″.
 
E’ intervenuto quindi il Comandante dei Carabinieri, Alessandro Puel : “Abbiamo dato opera di efficacia  modello operativo. Tra gli uomini dell’Arma c‘è stata linearità, trasparenza e serietà”. 
Infine è intervenuto la dirigente della Digos, Giovanna Salerno, che ha esaltato i suoi uomini: “Sono stati un guscio impermeabile e la Procura il perno fondamentale dell’indagine. La  situazione  è stata davvero incresciosa. Di Donato era definito l’uomo della Ferrari e il re dell’area migranti.  Abbiamo lavorato per debellare un sistema pazzesco; erano presenti due sistemi a sé stanti: il sistema Panzone, nelle mani di un uomo che doveva controllare i centri e invece pensava solo a se stesso, e il sistema Di Donato, che a sua volta si è incrociato con il sistema Panzone. Di Donato aveva tante amicizie ed era sempre avvisato da parte di Panzone sugli spostamenti delle forze dell’Ordine”.
 
La Salerno ha spiegato che era proprio quello l’avviso che stava avvenendo il controllo. Ha ricordato come fu la stessa Cgil a denunciare  questo stato anomalo della situazione. Infine ha aggiunto: “C’è stata la fuga d notizie più volte  ma i responsabili sono stati messi alle spalle al muro. Queste persone si erano  piegate  alla logica del business”.
ATTENZIONE!
Stai navigando all'interno del nostro sito web archivio che comprende gli articoli dal 2017 a fine 2021.
Per le notizie in tempo reale ti invitiamo a visitare Anteprima24.it