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Quel che ci manca della primavera

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L’odore dei campi, il profumo dell’erba, il caldo che riemerge dal letargo. Le ore di luce aumentano col passare dei giorni, proprio come gli altri anni, i fiori germogliano e iniziamo persino a gustare i primi gelati. Non possiamo abbracciare i nostri amici, no, ma possiamo incrociare il loro sguardo per le vie del centro. Ci si può intravedere l’insofferenza, a volte il disagio, l’imbarazzo di ritrovarsi all’interno di un gioco inaccessibile nelle sue modalità più interessanti. Non possiamo sederci con loro al tavolo di un bar, non possiamo progettare uno straccio di futuro condiviso. Tutto bloccato, vuoto, definito. E’ questo, nella sostanza, che distingue la stagione attuale dalle sue sorelle: la primavera in versione ‘demo’ è allergica ai progetti (altro che polline). Non solo ai piani a lungo termine, si pensi piuttosto agli imminenti.

Dodici mesi fa ogni sera proponeva un capitolo diverso, da scrivere stando ben attenti a noiose ripetizioni. Il problema più grande, la monotonia, è stato oggi rimpiazzato dall’elastico di una mascherina che offusca i sorrisi, che li nasconde. Viaggiavamo spediti verso la prossima vacanza, spingendo la mente nella direzione di scenari da favola, al mare o in montagna. Si scrutavano le colline del Sannio con la voglia di conquistarle per un pic-nic, un’escursione o una passeggiata salutare. Puntavamo a un weekend da cartolina o, più banalmente, al lussuoso capo d’abbigliamento esposto in vetrina, azzardando il pensiero di un acquisto improvviso e sorprendente. Ci manca questo della primavera, il sentore che sia il preludio a qualcosa di buono, l’attesa del dessert, i buoni propositi. L’aspettativa, altissima, di avventure estive indimenticabili.

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