Benevento – Quello sguardo a metà tra l’incredulo e il rabbioso, le braccia larghe e le mani che sventolano. San Siro che esplode. E’ una delle tante immagini descritte nei commenti nel corso della diretta Instagram di Filippo Inzaghi. Un modo come un altro per alleviare l’attesa della cena che la sua fidanzata Angela stava preparando ai fornelli. Una mezz’ora trascorsa con i suoi amici, tifosi ed ex tifosi.
Non è il primo a utilizzare i social per affacciarsi al mondo esterno in un momento così delicato, ma l’appuntamento ha sfumature di unicità. Lo raccontano l’espressione, il tono della voce, la voglia che emerge da parole sempre pesate. Insomma, si vede che le quattro mura non fanno per lui, uno che ha scritto pagine indelebili attaccando gli spazi, muovendosi liberamente, senza alcun freno.
Si concede qualche affondo anche sul web, scava nel sottobosco del cuore quando parla di Milan, di Benevento, delle sue esperienze passate. Prendete la Champions: “Tutti ricordano quella vinta nel 2007, ma nel 2003 fui più decisivo fino ai quarti di finale. La differenza l’hanno fatta i gol in finale, nel 2007 ne feci due ad Atene, nel 2003 non riuscii a mettere la firma. Restano comunque due stagioni indimenticabili”, dice rivendicando la gioia di Manchester, quando solo uno strepitoso Buffon gli negò l’uno a zero nel primo tempo.
L’Europa ce l’ha nel sangue. La sogna ancora, è palese. Qualcuno gli domanda se riuscirà ad assaporarla con il Benevento: “Andiamoci piano”, dice. Poi però non si sottrae e inizia a sognare: “Sapete, con un presidente come Vigorito e un direttore sportivo come Foggia nulla è impossibile. Speriamo di ripartire presto, pensiamo alla serie A, poi perché no”.
Schietto, rivelatore. Particolare l’aneddoto su Nicolas Viola, una telefonata che a quanto pare stupì entrambi. Se il numero 10 ha svelato di aver provato una forte emozione quando Inzaghi lo chiamò la prima volta, il suo allenatore non è stato da meno: “Racconto qualcosa che non sa nessuno. Ero a Formentera, da poche ore avevo accettato la proposta del Benevento e stavo chiamando i giocatori per presentarmi. Tra questi c’era ovviamente Viola. Sapete cosa mi disse? “Mister, io non voglio solo la serie A, ma anche la Nazionale”. Ci rimasi, pensai che un giocatore di B che sogna l’azzurro deve avere in testa qualcosa di speciale. Poi l’ho visto allenarsi, l’ho visto giocare, e ho capito perché lo ha detto. Ha una voglia incredibile”.
A un certo punto sulla scena fa irruzione Matilde, il cagnolino dal quale non osa staccarsi. La coccola, la accarezza e la abbraccia tra una domanda e l’altra. Una risposta e l’altra. “Ma è vero che la 9 del Milan è maledetta?”, gli chiedono. “Non è maledetta – risponde -, ma non è facile da indossare. Anche io venivo dopo Weah e Van Basten, il più forte di tutti. Se l’anno prossimo Ibra resterà al Milan la prenderà lui. E vedrete che i gol li farà”.
Per un campionato che sembra ormai una serie tv, più che un film da vivere senza pause, non può mancare il capitolo Netflix. “Credo che la Casa di Carta sia una serie bellissima, l’abbiamo apprezzata molto. Non vediamo l’ora che arrivi il 3 aprile per vedere come va a finire (quel giorno uscirà la quarta parte ndr.). Ma spero soprattutto che per il 3 aprile le cose saranno migliorate fuori. Tra le altre mi è piaciuta El Chapo, la consiglio a tutti”.
Il consiglio che dà al fratello Simone, invece, è di non mollare: “Quando il campionato riprenderà la sua Lazio dovrà crederci. Grande gruppo, grande staff, grande armonia. E grande lui, che ha creato qualcosa di meraviglioso”. Un po’ come Walter De Raffaele, allenatore della Umana Reyer Venezia, campione d’Italia di basket. Entra in chat, i due si salutano, si scambiano segnali di stima e vicinanza reciproca. C’è chi chiede a Superpippo di Orsolini, di un’esperienza a Bologna finita male: “Dicono che lo schieravo mezzala, ma l’ho fatto per necessità. Non avevamo gli uomini, in quel momento, per fare il 4-3-3. Una volta rientrati Sansone e Soriano, è tornato al suo posto di esterno offensivo”.
Tattica, cuore, voglia. “Era la mia prima diretta, mi scuso se qualcosa non è andato”, precisa. Poi la cena arriva e torna la monotonia di questi tempi: “Ringrazio tutto il personale medico, la croce rossa e chiunque sia impegnato in prima linea in questa battaglia contro il virus. Grazie per il lavoro che svolgete”, sottolinea Inzaghi, che insieme agli altri campioni del mondo 2006 ha lanciato l’encomiabile iniziativa di una raccolta fondi. Ognuno combatte il virus con le proprie armi, in attesa che tutto finisca e che su Benevento il cielo torni giallorosso. Come d’azzurro si colorò quello di Berlino quattordici anni fa.