L’importanza e l’onore di avere avuto Del Pinto

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Benevento – Arrivò tra le macerie di un progetto sportivo, Lorenzo Del Pinto se ne va lasciandosi alle spalle un grattacielo. Anche nella sua ultima uscita, quella con l’Atalanta, c’è del simbolismo. Il pubblico del Vigorito avrebbe salutato i suoi ultimi dieci minuti in giallorosso con una standing ovation da brividi, di quelle solitamente riservate ai più grandi. Dieci minuti, dieci. Come il voto insindacabile al suo epico quinquennio sannita.

Le ha vissute tutte, Del Pinto, le stagioni dell’amore. Una promozione in serie B e due in serie A bastano da sole a quantificare la portata del passaggio ai piedi dell’Arco di Traiano. E’ rimasto in sella dopo l’amara retrocessione tra i cadetti, ha cambiato ruolo più volte adeguandosi a situazioni che lo hanno voluto prima combattente in campo e poi nel tenere unito lo spogliatoio, quando il minutaggio si è abbassato per infortuni o scelte tecniche. Mai un mugugno o una parola di troppo, sempre al servizio degli allenatori che si sono via via avvicendati e di una piazza che lo ha amato sin dal suo debutto.

Poderoso l’impatto nel primo anno, quando realizzò le sue tre uniche reti giallorosse caricandole però di un significato enorme. Il colpo di nuca al Martina, alla terzultima del girone di andata, servì a indirizzare una partita altrimenti destinata al pareggio e a tenere incollato il Benevento al treno di testa. Poi nel pantano di Messina finta sontuosa e sinistro imparabile nel 5-0 rifilato al San Filippo. E come dimenticare il gol nel derby di ritorno al Menti di Castellammare contro la Juve Stabia, un sussulto che spianò la strada alla squadra di Auteri verso una storica promozione. Cucchiaio di Cissé, lui che la accomoda con il destro e gonfia la rete calciando con lo stesso piede. Due tocchi rapidi, lesti, decisivi. 

Era un tempo in cui la serie B per questa città rappresentava insieme il paradiso e l’inferno. Il desiderio fervido e l’amara certezza che il traguardo, una volta a un centimetro, si sarebbe nuovamente dissolto nel nulla. Ebbene, è anche grazie ai passi del mediano abruzzese che la distanza tra sogno e realtà è stata colmata. E che la realtà ha poi superato ogni forma di fantasia. Chi pensa che sia andato via solo un calciatore si sbaglia. Se ne va in Emilia il capitolo di una storia meravigliosa, un tassello di quell’idea che ha reso grande il Benevento. Un’anima. Un’anima immortale. 

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