Benevento – Con un paio di cuffioni e una postazione da gamer il giovane Hickey risponderebbe perfettamente al profilo del teenager moderno. Tanti suoi coetanei ieri pomeriggio si stavano battendo online fregandosene del campionato, lui provava a fare lo stesso nel mondo reale. Diciottenne dai lineamenti delicati e dal passo svelto, il terzino sinistro scozzese ha gustato una prestazione da sette in pagella toccando il cielo con un dito. Poi è franato rovinosamente a terra quando Lapadula lo ha legalmente sovrastato in occasione del gol decisivo tirandolo metaforicamente giù dalle nuvole. Mihajlovic, che alla vigilia aveva detto “ci vogliono le palle per mettere in campo un 2002”, ha capito il momento e con quegli stessi attributi lo ha sostituito per evitare dannosi contraccolpi.
Benevento-Bologna è in quel fotogramma lì (Montipò ci perdonerà), perché è quel fotogramma lì che dice come la Strega ha vinto la partita. Messa sotto in tutte le statistiche offensive possibili – dal possesso palla (39%-61%) alle occasioni create, passando per l’accuratezza dei passaggi, dribbling e corner – la squadra d’Inzaghi ha fatto valere l’esperienza nelle singole situazioni, che è poi lo stesso concetto che ha mosso la gara di Skov Olsen, eccellente nel fare tutto ciò che non contemplasse la conclusione a rete: smarcamento, dialogo e dribbling, ma non cattiveria, quella che Lapadula ha lasciato sfilare sul tavolo senza pietà nell’unica vera occasione avuta. Il sentimento “che muove il pallone e le altre stelle”, indispensabile per vincere le partite di ogni categoria, dalla Terza alla A.
Comprensibile l’incredulità di Mihajlovic, vittima di una legge del contrappasso che nel calcio non risparmia nessuno. Tre anni fa era seduto sulla panchina del Torino e sbancò il Vigorito senza meritarlo, oggi si interroga su come abbia fatto a fallire almeno l’appuntamento con il pari. Indiscutibile la superiorità tecnica del suo Bologna, che a meno di eclatanti ribaltoni giocherà un campionato ben distante dalla zona salvezza, eppure non è bastata per prevalere. Inzaghi, che lo ammetta oppure no, si è preso la sua rivincita. Soffrendo, ringraziando San Montipò e beneficiando tra l’altro di un gol “alla Superpippo”, segnato stavolta per interposta persona. Tutto si può dire e tanto si può opinare, ma al Benevento non è mancato il fiuto che fu del suo allenatore.