Senza il coraggio di osare, la politica dei piccoli passi non basta più: Benevento sei a una svolta

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Benevento – Calmo e pacato. Una voce diversa che ha ammesso come qualcosa non abbia effettivamente funzionato al Diego Armando Maradona. Maurizio D’Angelo si è presentato davanti alle telecamere dopo la sconfitta nel derby senza snocciolare numeri e complimenti, senza ricordare dove eravamo solo un anno fa e senza ribadire che per salvarsi servirà un miracolo. Il ko col Napoli, il vice allenatore del Benevento, lo ha analizzato con pensieri semplici: bene in difesa, male in fase di costruzione. Un’analisi onesta, considerando che i giallorossi (a memoria) si sono resi pericolosi su un angolo calciato direttamente in porta da Viola, dopo un tiro di Depaoli più potente che altro, e con un’inzuccata mancata da Ionita a due passi da Meret.

Chissà quante conclusioni avrà invece annotato dalla tribuna Filippo Inzaghi, il quale ha preferito puntare un’altra volta su una tattica conservativa. Predilige combattere col fodero il tecnico piacentino, lasciando da parte sciabola e fioretto con la speranza che tornino buone a partita in corso. Una tattica che non sempre porta frutti, perché richiede di dover rasentare la perfezione e sperare che gli altri incappino in una giornata storta.

Eppure contro il Napoli, considerando una classifica relativamente serena, la sensazione è che la Strega avrebbe potuto osare qualcosa di più. Gattuso si è giocato fin dall’inizio tutte le sue carte per provare a rinsaldare una panchina traballante. Su quella stessa panchina ha portato muscoli, corsa e gioventù, null’altro perché quello aveva a disposizione. Morale della favola: cambiare partita in corso sarebbe stato molto complicato per Ringhio. Quando l’allenatore calabrese ha visto l’atteggiamento remissivo dell’avversario e dopo aver sbloccato il risultato con il solito Mertens, qualche parola di ringraziamento, magari proferita sottovoce, se la sarà lasciata sfuggire.

Il suo Napoli è lontano parente di quello capace di incutere paura e soggezione solo pochi mesi fa. Meritano indubbiamente rispetto gli azzurri ma probabilmente sarebbe stato il caso di osare, senza lasciare Lapadula a battagliare con i colossi. Cosa, quest’ultima, che sta ormai diventando una costante, sperando che il buon Gianluca, tra una critica e un rimbotto, riesca nell’impresa di tener su un pallone, arrivando magari anche alla conclusione.

Scelte, come quella apparsa inopportuna di puntare su Schiattarella, in affanno fin dal riscaldamento e autore di un primo tempo nettamente al di sotto degli standard stagionali ai quali ha abituato tutti. Un’altra gentile concessione all’avversario, tanto che il cambio, al netto del passivo, è parso scontato e inevitabile. La speranza è che l’azzardo non precluda all’ex Spal di essere a disposizione per il Verona e lo Spezia, partite sicuramente più importanti e che segneranno inevitabilmente il destino del Benevento.

Saranno 180 minuti ravvicinati e determinati per i giallorossi, perché col Napoli, si dirà, si può anche perdere. Un punto di svolta perché la politica dei piccoli passi (una sola vittoria in dieci partite e sette punti conquistati) non induce all’ottimismo. Quello, semmai, è merito dell’incidere lento delle altre.

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