Benevento – “Non so più cosa rispondere alle domande sul mio ruolo. Certi giorni mi sveglio trequartista, in altri invece mi sento più una seconda punta”. Gianluca Caprari, non molto tempo fa, liquidò con una punta di ironia la questione più frequente e scomoda che gli si possa porre. Era il periodo in cui Giampaolo aveva provato a schierarlo nelle vesti di rifinitore della sua Sampdoria con risultati non sempre lusinghieri. Un’esperienza che ha consentito al calciatore romano di arricchire la sua mappa personale dei ruoli ricoperti, che ora sembra satura nella zona offensiva.
Trequartista, ala sinistra, ala destra, prima punta, seconda punta e persino mezzala di inserimento (questo sì, un azzardo). A Caprari non manca certo la duttilità, ma è forse stato proprio il trasformismo l’elemento frenante di un’ascesa che gli addetti ai lavori continuano ad attendere. Schiavo di quel saper fare tutto che rende un giocatore funzionale a più moduli, ma che lo priva al contempo di una specializzazione. Di Caprari – fisico brevilineo e baricentro basso – si può dunque dire che abbia visione di gioco, feeling con la conclusione dalla distanza, un raffinato piede destro, discreta capacità nello scatto sul breve e un encomiabile spirito di sacrificio. Eppure di quell’esplosione, di quell’agognato big bang tecnico, ancora non se ne parla.
Questione di alte aspettative, di opportunità e pure di infortuni. Terribile quello del gennaio 2019, quando rimediò la frattura del perone della gamba destra. In blucerchiato stava trovando una discreta continuità ma fu costretto a lasciare il campo per quattro mesi. “Riprendere è stata dura“, ammise. “Dopo il primo periodo trascorso in stampelle ho pensato che non ce l’avrei fatta a tornare”. Poi è tornato e ha giocato scampoli di partita in più occasioni nel finale di stagione, con tanto di assist contro la Juventus.
Con Di Francesco in panchina la Samp non ha mai trovato la sua dimensione e anche il capitolino non ha potuto evitare di restare inghiottito nel buco nero di risultati ottenuti dai liguri a inizio campionato. Dieci sconfitte nelle prime sette giornate, per lui un continuo girovagare in cerca della posizione giusta. Fondamentale il gol alla Spal all’undicesima, poi quelli alla Juve e al Brescia, entrambi ininfluenti, hanno chiuso virtualmente la sua esperienza sotto la Lanterna.
Il prestito al Parma, avaro di soddisfazioni, ha spinto l’ex enfant prodige della Roma ad accettare una nuova avventura. In campo è uno di quelli che si fanno sentire: “Sì, sono un rompiscatole. Sento la giocata, chiamo la palla e quando non arriva può capitare che mi arrabbi”. A gennaio, quando si è trasferito alla corte dei ducali, ammise candidamente di non essere ancora arrivato ai livelli sperati: “Manca ancora qualcosa per raggiungere il pieno della maturità”, disse in sede di presentazione. Ecco perché la carta Caprari, nonostante le 148 presenze e i 27 gol in A, può definirsi ancora una scommessa. Di quelle che piacciono a Inzaghi, uno che non ama affatto perdere.