Benevento – E’ una questione di prospettive, di punti di vista: considerare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Il pensiero di Inzaghi, almeno attraverso la stampa, è noto e il tecnico del Benevento continua a ripeterlo come un mantra: “Giocando così ci salveremo“. Il cronico ottimismo dell’allenatore piacentino, sempre prodigo di elogi per i suoi ragazzi nonostante le quattro sconfitte consecutive (Coppa Italia compresa), è ammirevole. Se, tuttavia, incassi quattordici (14) reti nell’arco degli ultimi 360 minuti non si può certamente ignorare la parte vuota di quel medesimo bicchiere.
Le buone intenzioni e i complimenti non bastano e non si può di certo pensare di vivere di rendita sui sei punti strappati a Sampdoria e Bologna. E’ arrivato il momento di invertire la rotta dopo gli evidenti passi indietro mossi contro Empoli e Verona, anche se le prestazioni vanno scisse e analizzate separatamente.
In Coppa Italia si è vista una Strega troppo brutta per essere vera e le seconde linee hanno sprecato l’occasione per scalare le gerarchie. Ieri al “Bentegodi“, invece, il Benevento avrebbe probabilmente meritato qualcosina in più. Insigne ha sbagliato almeno due nitide occasioni per pareggiare prima dell’intervallo e, nella ripresa, i giallorossi si sono buttati via nel loro momento migliore, quando il Verona sembrava alle corde.
L’episodio del rigore non concesso a Caprari, in un primo momento apparso netto, non basta però a giustificare il crollo. Non si può racchiudere una sconfitta in una mancata decisione, tra l’altro legata al rivedere un’azione sembrata poi corretta nella sua interpretazione. Bisognerebbe, tra l’altro, non avere memoria corta perché nel derby con il Napoli, il direttore di gara (Doveri) decise di non controllare il contatto tra Foulon e Lozano.
I tempi non sono ancora maturi per i giudizi, sei giornate di un campionato compresso non bastano per tracciare una linea, ma è inevitabile auspicare un cambio di rotta e augurarsi che belle intenzioni e complimenti si tramutino in punti, a partire da sabato prossimo nello scontro diretto con lo Spezia.
A Verona la fase difensiva è andata costantemente in affanno. E’ bastato un Kalinic in non brillanti condizioni per mandare in tilt prima Caldirola e poi Tuia e a destra Letizia non è mai riuscito ad arginare uno straripante Zaccagni. Sono nati tutti sulla fascia sinistra del Verona i pericoli maggiori per la Strega, mentre sul lato opposto Foulon non è parso esente da colpe nelle azioni del primo e del terzo gol gialloblu. Una retroguardia esposta, vulnerabile e non adeguatamente protetta, nonostante qualche correttivo (meno pressing alto e asfissiante) sia stato apportato rispetto a inizio stagione.
Il Benevento, in sostanza, ha palesato un’anima fragile che certamente non può essere ignorata, soprattutto in un campionato come la serie A. Se l’anno scorso bastava un guizzo per vincere le partite, quest’anno la musica è cambiata e ai complimenti non fanno seguito, di riflesso, i punti. Punti, per l’inciso, come quelli di vista.