Benevento – “Un sogno da vivere ad occhi aperti”. Questo è la Serie A per Benevento. A meno di quarantotto ore dalla storica promozione, nel Sannio si continua a fare festa. E stamattina è toccato al Comune rendere il dovuto omaggio alla Strega. A palazzo Paolo V, il sindaco Clemente Mastella, gli assessori e l’intero consiglio, hanno ringraziato e premiato calciatori, tecnico e società. A far da sfondo alla cerimonia, l’entusiasmo dei beneventani confluiti sul corso Garibaldi, folgorati dalla visione del pullman ufficiale del team giallorosso. Un Babbo Natale fuori stagione per tantissimi bambini che hanno potuto raccogliere autografi e fare fotografie con gli idoli del momento.
Gente che ha fatto la storia, sottolinea Mastella. “L’impresa sportiva è di quelle enormi. Non per niente, se ne parla non solo in Italia ma anche in Europa”. Una constatazione che trova conferma nei tanti articoli di quotidiani inglesi, francesi, spagnoli, tedeschi postati con orgoglio dai tifosi della Strega sui social network in queste ore. “Non possiamo, quindi, – ha aggiunto la fascia tricolore – che essere grati a questi ragazzi, al presidente Vigorito e all’allenatore Baroni per quanto fatto quest’anno perché questo eccezionale risultato sportivo rappresenta un riconoscimento anche per la città di Benevento che, assieme a Napoli e Crotone, l’anno prossimo rappresenterà il Mezzogiorno d’Italia nel campionato di Serie A. Tutto ciò ci inorgoglisce”.
La sfida della massima competizione, però, richiede un salto di categoria complessivo. “E adesso a noi amministratori spetta il compito di migliorare la città e porla al passo con la società calcistica”.
Per il Benevento, il primo a parlare è Fabio Lucioni. E’ un legame viscerale quello che si è creato tra il capitano e il territorio sannita. Un rapporto cominciato tre estati fa, nell’agosto del 2014. “Ancora ricordo la prima telefonata. Quando la società mi propose di venire a giocare a Benevento non esitai un istante. L’obbiettivo era la Serie B, quello il sogno all’epoca. Il primo anno è andata male ma al secondo è giunta la promozione. E oggi ci ritroviamo a festeggiare la Serie A, un traguardo a cui neanche pensavamo il 10 luglio scorso, quando è cominciato il ritiro per questo gruppo. Col trascorrere del tempo, però, guardandoci negli occhi abbiamo cominciato a capire che potevamo farcela. E siamo al punto che la gente ci ferma lungo la strada per chiederci se è accaduto veramente. Un sogno che vivremo ad occhi aperti”.
Parla poco, invece, Marco Baroni. L’architetto di questa promozione. “Preferisco ascoltare” – chiarisce subito, microfono in mano. “Il merito del successo lo lascio ai ragazzi, grandi uomini prima ancora che professionisti. Per me tengo il ricordo di ciò che è stato fatto. Custodirò sempre queste emozioni”.
Emozioni che Oreste Vigorita non fa fatica ad esternare. Un vulcano, il presidente. Che prende la parola e racconta una favola. La favola del suo Benevento. Il suo è quello di Ciro, una presenza avvertita in sala, come quella di Carmelo Imbriani. Il loro ricordo è accompagnato da un lunghissimo applauso. E da qualche lacrima. Oreste ha una parola buona per tutti, ma qualche minuto in più lo spende proprio per l’uomo seduto alla sua destra, mister Baroni. La costruzione del primo Benevento in A passa innanzitutto per la volontà di restare al timone dell’allenatore toscano. Poi si potrà pensare a tutto il resto. Anche a far più bello e funzionale il Ciro Vigorito. “Per disputare la A, c’è bisogno di migliorare le nostre strutture, a partire dall’aumento della capienza dello stadio. Per questo motivo d’ora innanzi ci sarà bisogno dell’apporto di tutti” – chiarisce il presidente. Ringrazia Mastella, Oreste, ricordando le parole di stima che l’attuale sindaco destinò a lui e a Ciro quando acquisirono la società. Undici gli anni trascorsi da allora, tante le cose accadute e non sempre positive. “L’altra sera, – ancora Vigorito – più che agli abbracci e ai festeggiamenti, ho prestato molta attenzione agli sguardi delle persone, ai loro occhi, e ho avuto la conferma che ho fatto bene a non essere andato via”.
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