Benevento – Uno stacco lungo almeno tre mesi. Federico Barba è andato a prendersi così, con gli interessi del caso, ciò che aveva lasciato a Parma lo scorso agosto. Un suo banale errore di lettura aveva spalancato le porte al gol decisivo di Mihaila dopo un’ottima prestazione di squadra priva di ricompense. In qualche modo il filo andava riannodato.
Il difensore romano, tra l’altro, è stato vicinissimo ad alzare bandiera bianca nel finale di primo tempo accusando dolore alla caviglia. L’immediata vicinanza dell’intervallo e il suo quarto d’ora di riflessione lo hanno indotto a rischiare. E bene ha fatto, considerato l’esito. Le certezze difensive e lo spirito autoritario nell’impostazione sono stati adornati con la ciliegina di un gol pesantissimo che ha evitato nuovi problemi allo spogliatoio e all’ambiente.
Nessun dubbio: il campo ha sancito inequivocabilmente i meriti della squadra di Fabio Caserta. Settanta minuti di dominio e gestione, una marcata pericolosità in zona gol, verticalizzazioni agevoli e diversi altri fattori positivi sono punti da cui ripartire con l’occhio finalmente rivolto a una classifica che comincia a sorridere. Tuttavia il Benevento ha dimostrato ancora una volta che non può permettersi alcun calo di tensione, altrimenti il rischio è quello di diventare una squadra normale, ben lontana da qualsiasi ambizione da primato.
Se la Strega stava per buttarsi via in venti minuti, insomma, una riflessione sarà opportuno farla affinché non si ripeta una situazione simile, potenzialmente devastante per il morale di una squadra ancora immatura. Il Vicenza, avversario modesto fin quando i giallorossi erano stati sul pezzo, ha avuto il pregio di sapersi inserire proprio in questa crepa. Il buco nero aperto dal doppio cambio al 72′, stava per risucchiare anche l’allenatore. Quando ha sostituito il miglior Insigne della stagione (perla di rara bellezza il sinistro dell’uno a zero) e un Acampora in piena fiducia, il tecnico reggino ha commesso la leggerezza di dare alla squadra l’indicazione che la partita fosse ormai finita e il risultato mandato già in porto. Troppa grazia per un Benevento palesemente fragile.
Anche perché va ricordato come l’agitato finale di gara abbia proposto un paio di cross velenosi recapitati dal solito Giacomelli in area giallorossa qualche manciata di secondi prima del gol di Barba. Sintomo che quando qualcosa non va per il verso giusto gli scricchiolii si avvertono e le gambe iniziano a tremare.
La reazione, che per fortuna è arrivata, si è mossa sui fili di una disperazione che genera un briciolo di conforto. Quella voglia di riprenderla nonostante la paura si è manifestata fino in fondo e pure oltre, come fanno notare rabbiosamente da Vicenza. Ma non è certo da ieri sera che il calcio è un continuo gioco di incroci e compensazioni. Al Benevento una gioia da tre punti in zona Cesarini mancava dal 21 settembre 2019, dall’uno a zero segnato al 93′ da Armenteros in casa contro il Cosenza. Un ricordo di oltre ottocento giorni fa, un frammento dell’era pre-covid. Roba sbiadita nel tempo.
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