Salerno – La scelta – poi votata in seconda tornata – dell’ex assessore Dario Loffredo per il ruolo di Presidente del Consiglio Comunale è stata il punto politico più dibattuto nel corso della prima assise municipale.
Loffredo fu eletto, con un grande consenso, con i Progressisti. Cinque anni prima guadagnò lo scranno nella lista del Partito Socialista Italiano, dalla quale fuoriuscì durante la consiliatura che lo vide assessore al commercio.
Della scelta hanno chiesto politicamente conto la minoranza attraverso gli interventi di Elisabetta Barone, Michele Sarno e Roberto Celano ma anche – in maggioranza – il Partito Socialista Italiano che, nemmeno tanto provocatoriamente, aveva votato per Rino Avella dando luogo al primo vero distinguo nella coalizione. Se sarà uno ‘strappo’, si capirà in sede di indicazione dei presidenti delle Commissioni.
Elegantemente ed in ossequio al sano principio garantista nessuno ha posto, alla base del disagio singolo e delle forze politiche rappresentate, la vicenda giudiziaria che vede Dario Loffredo tra gli indagati.
Ognuno aspetterò l’esito, pronto a trarre le conclusioni politiche solo laddove esso dovesse sfociare nel rinvio a giudizio.
Tutti, invece, pongono una questione di opportunità politica tutt’altro che banale. Che Celano in aula ben rappresenta in un acceso confronto con il sindaco Vincenzo Napoli (vedi video sopra): “Perché Loffredo, che è indagato, non può fare l’assessore ma può fare il Presidente del Consiglio e la Francese, che non è indagata, non può entrare in Consiglio Comunale?”.
Domanda che induce ad una ricostruzione – in chiave politica – di quanto finora accaduto.
Il sindaco si era insediato da appena qualche ora quando scoppiò la vicenda giudiziaria che portò su Salerno gli oneri di una cronaca nazionale delle quali l’intera comunità avrebbe fatto volentieri a meno.
All’indomani degli arresti e della prima tornata di avvisi di garanzia, i referenti politici del mini-raggruppamento (Progressisti con il 17.6%, Campania Libera 12.51%, Salerno per i Giovani 9.56%) decisero di mutare notevolmente le decisioni rispetto ai nomi.
Tra le prime, il cambio del parametro per l’attribuzione delle deleghe. Non più il combinato-disposto tra i voti presi e l’esperienza maturata quanto, principalmente, l’opportunità politica nel nuovo quadro che stava repentinamente maturando e che andava delineandosi.
Tre le esigenze da soddisfare: mettere quanto più possibile al riparo la giunta da eventuali sviluppi giudiziari di una indagine solo agli inizi; garantire la tenuta quinquennale dell’amministrazione; scegliere – di fatto – i nomi dei subentranti in Consiglio Comunale.
Decisione che congelò le nomine assessoriali tra gli eletti dei Progressisti ritenute fino a quel momento ‘naturali’. Il sindaco diede vita ad una giunta mista con tre tecnici e cinque esponenti politici. Furono individuate persone ritenute ‘sicure’. Gli assessori corrispondono a Partito Socialista Italiano (Massimiliano Natella); Salerno per i Giovani (Paola De Roberto); Moderati e Popolari (Gaetana Falcone), Campania Libera (Paki Memoli e Alessandro Ferrara).
Limitati al solo ruolo di Consigliere gli assessori uscenti Dario Loffredo (1.813 voti); Angelo Caramanno (927) e Mimmo De Maio (899) ma anche le ambizioni di Antonio Fiore (1.101); Rocco Galdi (1.030).
Tre nomine assessoriali avrebbero fatto subentrare in Consiglio Comunale i corrispettivi primi tre candidati non eletti tra i Progressisti. Nell’ordine: Alessandra Francese (812 voti); Sara Petrone (767); Ermanno Guerra (760).
La elezione del Presidente del Consiglio Comunale, invece, non fa scattare il seggio a favore del primo dei non eletti.
Alessandra Francese è la moglie di Gianluca Izzo, coinvolto nel filone-cooperative della vicenda giudiziaria. Non è indagata ma questo, evidentemente, non è bastato. Come non sarà bastata alla minoranza la formale risposta del sindaco alla domanda di Celano: “La nomina dei componenti la giunta è una mia prerogativa esclusiva”.
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