NAPOLI – Oggi intervistiamo “la pietra dello scandalo”.
“Non enfatizziamo”.
Caterina Miraglia: docente di diritto privato e decano dell’Ateneo Salernitano, assessora regionale alla cultura con il centrodestra di Stefano Caldoro, candidata con Forza Italia alle politiche 2018. Ora, con la lista Azzurri per Napoli coordinata dal figlio Stanislao Lanzotti, sostenitrice di Gaetano Manfredi tanto da essere stata uno dei nomi che si erano dati per la giunta di centrosinistra.
“Non ho complessi. Sarebbe stato solo un impegno in più”.
Ma non è andata.
“La mia presunta nomina si è risolta in un boatos”.
Nessuna chiamata.
“Mai stata interpellata sull’argomento dal professor Manfredi”.
Ma suo figlio aveva messo il suo nome sulla scrivania dell’ex rettore.
“Inevitabilmente”.
In quota lista degli ex forzisti passati nel campo del centrosinistra.
“Rimaniamo di centro, liberali e riformisti”.
Suo figlio sostiene che si trova bene nel nuovo schieramento.
“I partiti devono essere gestiti da persone con capacità di ascolto e confronto”.
In Forza Italia e nel centrodestra non c’erano più?
“Lì non abbiamo più trovato un dialogo costruttivo. Per questo, che dovevamo fare? Mio figlio non è traslocato in un altro partito. Ma, con coraggio, ha creato un movimento ispirato dai valori liberali e riformisti”.
Centrodestra o centrosinistra.
“Noi rimaniamo fedeli ai nostri ideali e alle nostre idee. E’ stato come trovarsi bene in un ristorante finchè ha servito il ragù. Quando poi ha cominciato a convertirsi al sushi…”
Avete cambiato.
“No, perché siamo rimasti profondamente fedeli alle nostre idee”.
E quindi aveva dato la sua disponibilità a diventare assessore alla cultura di Palazzo San Giacomo.
“Io e Gaetano (Manfredi, ndr) non ci siamo mai sentiti a tal proposito”.
La disponibilità era stata ufficializzata da suo figlio anche sui giornali.
“Magari qualche giornale che ora sente di aver scongiurato un colpo di Stato”.
E comunque, con Manfredi.
“Nessuna interlocuzione diretta. Ma siamo entrambi docenti universitari. Abbiamo un rapporto antico. Io ero assessore regionale quando lui era rettore alla Federico II. Abbiamo lavorato assieme nel comitato tecnico col mio maestro Vincenzo Buonocore…Voglio dire: le prime a cui si pensa sono le persone che si conoscono, no?”
Manfredi, però, ha spiegato che la delega alla cultura ha sempre pensato di trattenerla per sè.
“Questo non lo so: direi una bugia. In ogni caso, al netto di una certa componente giornalistica che mi è ostile e che ci ha messo il suo, mi ha fatto piacere raccogliere apprezzamenti da parte di tutti i partiti”.
In realtà si era parlato anche di una sorta di competizione interna alla lista ‘Azzurri – Italia Viva’ su chi dovesse diventare assessore: lei o la leader dei renziani, Graziella Pagano.
“Per carità, siamo ottime amiche! Ci siamo viste e sentite con equilibrio e serenità”.
Si immagina.
“Nessuna delle due ha mai voluto scavalcare l’altra. E poi è stato solo un pourparler: il discorso sulla presunta nomina è un altro”.
Qual è?
“Si era partiti con l’idea di fare una giunta tecnica? Tant’è che si parlava anche di Gino Nicolais, Valerio Recinto…”
Esatto.
“Io, per così dire, sono di comprovata esperienza sul campo?”
Direi.
“A quel punto, è chiaro che mio figlio abbia pensato a me in quanto elemento di spicco, almeno relativamente al nostro movimento”.
Poi le cose sono cambiate.
“Poi si è deciso di fare una giunta più politica e mio figlio ha fatto un’altra scelta, altrettanto di valore (Vincenzo Santagada, presidente dell’Ordine dei Farmacisti nominato alla salute e al verde, ndr). Ma da parte mia, mi creda, non c’è alcun rammarico”.
Niente.
“Sono solo lusingata che si sia parlato di me perchè evidentemente mi si riconosce il merito di aver ben amministrato. Non solo quando ho fatto l’assessore, ma anche all’interno dell’Università”.
Ad ogni modo: trova una buona idea affidare la cultura a una cabina di regia anzichè a un assessore?
“Io ne ho gestite di cabine di regie! A cominciare da quella per il Forum delle Culture…”
Buona idea?
“Diciamo che funzionano benissimo se sono guidate da un bravo direttore d’orchestra. E se i suoi componenti hanno un identico sentire. Non identiche idee, ma un identico sentire”.
Eduardo Cicelyn sul Corriere del Mezzogiorno ha ricordato che quella che nominò Bassolino, coordinatore Goffredo Fofi, prima ancora di Renato Nicolini, seppe seminare bene: l’idea delle stazioni della Metropolitana dell’arte, ad esempio.
“Ma sì, non bisogna avere un atteggiamento censorio preconcetto verso tutto quello che è stato già fatto in passato”.
Qualcuno lo fa nei suoi confronti?
“Qualche partito fa le Crociate. Ma io sono contro le Crociate”.
Nino Daniele, Raffaele Savonardo, Agostino Riitano, Rossella Paliotto, Mirella Barracco, Laura Valente: le farebbe piacere essere chiamata anche lei?
“Mentirei a dire no. Ma anche a dire sì a scatola chiusa”.
In che senso?
“Che prima bisognerebbe chiarire bene cosa si va a fare veramente nella cabina di regia”.
Sui giornali conquistano un grande spazio le luci di Natale.
“Ecco l’esempio: sono il terminale di un progetto più complessivo con delle ricadute vere e pensate per il territorio o rappresentano solo una iniziativa fine a se stessa?”
Lei che pensa?
“Che non devono essere uno spot. E che non devono rappresentare una spesa inutile”.
Anche le luci solo con una visione.
“Quando ho fatto io l’assessore, ad ogni mia iniziativa, mi preoccupavo di vedere moltiplicare le poche risorse che avevo a disposizione”.
A proposito di risorse. Una sua dichiarazione nella campagna elettorale del 2018: “Serve una legge speciale per Napoli che consenta di rimodulare in termini sostenibili il debito mostruoso del Comune”.
“Ora, se il Governo Draghi ci darà delle risorse economiche, avremo tanto più l’obbligo morale di non dissiparle”.
Quella dichiarazione, riferendosi al centrosinistra, continuava così: “…ma non si può aiutare chi ha fallito”.
“Era ovviamente un auspicio: che, dopo una gestione fallimentare, al Comune potesse subentrare un governo all’altezza delle responsabilità”.
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