Benevento – Rieccolo l’antico dilemma che accompagna il calcio. Il talento di un singolo può sopperire alle mancanze di un’intera squadra? Detto che non avremo mai una risposta assoluta, Gianluca Lapadula ha presentato una personale relazione dettagliata al pubblico di Benevento. Tre gol nel giro di venti minuti per risolvere una partita che senza di lui – consentiteci di glissare sul beneficio del dubbio – sarebbe terminata in tutt’altro modo.
Bene ha fatto Caserta a inserirlo a inizio ripresa, benissimo a mettergli accanto un’altra punta in supporto. La partita dell’attaccante italo-peruviano è infatti realmente cambiata con l’ingresso di Moncini al posto di Insigne, tre minuti prima del gol del sorpasso. Il passaggio al 4-4-2 ha sparigliato le carte togliendo per un attimo ai veneti i precedenti punti di riferimento. Un attimo fuggente, è il caso di dire, in cui si è smarrito perfino il terzino Benedetti, fino a quel momento il migliore in campo. Il controllo goffo in area sulla pressione di Moncini è il soffio che avvia la serata magica del Niño (o bambino, fate voi) delle Ande. Destro da rapace, gol del sorpasso, fantasmi scacciati. La Strega stava soffrendo, meritava addirittura di andare sotto, ma lì è cambiato tutto.
Come un doppio gancio sferrato nel momento di massima difficoltà i giallorossi sono venuti a capo di una questione che definire spinosa è un eufemismo. Bloccati alla fonte di gioco da una marcatura asfissiante (Antonucci non ha dato spazio né fiato a Calò), gli uomini di Caserta si sono concessi per lunghi tratti all’improvvisazione prestando il fianco a pericolose incursioni sul centrodestra difensivo. Alla ‘serata no’ di Letizia si è aggiunta la prestazione anonima di Ionita, fattori che hanno permesso a Benedetti e Antonucci di duettare comodamente con il temibile Okwonkwo, uno che sotto porta non le manda certo a dire.
Qualche ottimo intervento di Paleari (almeno tre), un pizzico di fortuna e un paio di giuste letture difensive hanno tenuto la Strega sulla linea di galleggiamento prima che il Lapa-show avesse inizio. E quando le squadre si sono allungate ci hanno poi pensato gli strappi di un redivivo Tello a incutere timore agli uomini di Gorini, autori di una prestazione comunque da applausi nonostante il largo passivo.
Quanto alle idee, se la partita di Ascoli aveva fatto registrare passi avanti sulla prestazione, quella di ieri ha esaltato il potenziale tecnico dei singoli. Anzi, del singolo. Perché Lapadula non l’avrà vinta da solo questa gara ma ci è andato tanto vicino. Ricordando nelle modalità il Mark Lenders di Holly e Benji, per gli amanti degli anime giapponesi. Quello che con la squadra in difficoltà si alza improvvisamente dalla panchina, entra e ribalta la situazione prima di lasciarsi andare a un risatina famelica. La stessa che si può scrutare nelle parole di Lapa a fine gara, quando senza nascondere l’amarezza di giocare in B e abbracciando i tifosi lancia una bella stilettata a quell’Inzaghi che l’anno scorso lo vincolava a compiti ultra-difensivi. “Anche se poi nel finale di stagione, quando mi sono sentito più libero di attaccare, i risultati si sono visti”. Ha sommessamente tuonato. Altro che Niño, ghigno. Il ghigno delle Ande.
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