Marx può aspettare, Napoli no: cosa pensa dei candidati sindaco Claudio Velardi

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Napoli – Claudio Velardi: classe 1954, gioventù comunista, giornalista, esperto di comunicazione, spin doctor con D’Alema a Palazzo Chigi, una parentesi da assessore regionale al turismo e ai beni culturali ai tempi di Bassolino, ora presidente della Fondazione For, Ottimisti&Razionali. Per Napoli è più ottimista o più razionale? 
 
“Beh, diciamo che cerchiamo di vedere le cose con razionalità. L’ottimismo spero che arrivi”.
 
E’ il sale della vita.
 
“Allora diciamo così: che sono anche ottimista”.
 
Fiducioso.
 
“In linea di massima, chiunque subentri a De Magistris può fare solo meglio visto come è combinata la città”.
 
In ordine alfabetico: Bassolino, Clemente, Manfredi e Maresca. Iniziamo con Bassolino: l’ha più invitata a cena?
 
“Da quella volta di cinque anni fa?”
 
Al Mattino ha confidato che durante quella cena, subito dopo le primarie che lo estromisero dalla corsa delle comunali 2016, capì che voleva ricardidarsi per Palazzo San Giacomo. E che ora vive in una “bolla nostalgica”.
 
“Siamo entrambi abbastanza anziani da non legarci al dito le cose che diciamo l’uno dell’altro. Antonio è un mio amico. E lui sa che sono schietto, leale: come si è con gli amici veri. Lo dicevo nel suo interesse”.
 
Non lo ha ascoltato: è ancora in campo.
 
“Andrà a perdere”.
 
“Zero tituli”, lei che è napoletano ma romanista.
 
“Speriamo bene con Mourinho. Certo, il mister ha personalità”.
 
Anche Bassolino. 
 
“Ma lui sta facendo una battaglia che non gli servirà a nulla. Oddio: in questo periodo, solo a rinfocolare qualche vecchio militante. A fare un pò di mobilitazione”.
 
Nient’altro.
 
“Da parte sua non c’è alcun sostanziale contributo per immaginare lo sviluppo di Napoli. Nessuna vera proposta per il futuro”.
 
Berardo Impegno sostiene che non si è ritirato perchè ha la capa tosta.
 
“Sì, è così. Ma bisogna dire che la sua tenacia gli ha fatto superare anche prove terribili. Come quella dei 19 procedimenti giudiziari”.
 
Tutti finiti con l’assoluzione.
 
“Ma io dal prossimo sindaco voglio sapere che Napoli ha in testa per il futuro. E da lui non arriva alcuna idea”.
 
Dagli altri, invece… 
 
“Su Manfredi, in prospettiva, sono abbastanza fiducioso”.
 
In prospettiva.
 
“Presumibilmente sarà lui il nuovo sindaco di Napoli. E saprà dare una prospettiva alla città”.
 
Al momento imbarca chiunque nella sua coalizione.
 
“Ma io, poverino, lo capisco. Per vincere è costretto a subire l’accozzaglia di personale politico e di capibastone che fanno liste e listarelle”.
 
Capisce anche le porte aperte a chi è stato con De Magistris?
 
“Capisco tutto. Certo, deve rimanere attento a non perdere credibilità”.
 
Voleva discontinuità.
 
“De Magistris è stato una tragedia. Ma tra chi lo ha sostenuto c’è anche una parte nuova, fatta soprattutto di giovani, che merita di essere recuperata”.
 
Da recuperare sembra che stia rimanendo solo Alessandra Clemente…
 
“Ha buona volontà e una faccia pulita. Ma non ha ottenuto risultati. E, almeno per ora, continua la sua corsa. Almeno per ora”.
 
Sostiene che ora Napoli è una città turistica.
 
“I dati veri dicono altro. Quello che c’è in città, poi, è un turismo di basso profilo. La gente viene per vedere Capri, Sorrento, Pompei. Solo occasionalmente si accorge anche di Napoli”.
 
Manfredi vuole “un museo diffuso nelle periferie”.
 
“Al momento, anche lui, sul piano delle idee e della loro fattibilità…”
 
Non la convince.
 
“Io, da padre e da nonno, voglio sapere che posto avrà Napoli nel mondo. Come si relazionerà con le grandi tendenze industriali, tecnologiche, turistiche anche. Da questo si capirà se Napoli potrà rilanciarsi o se rimarrà una città marginale”.
 
In attesa, Manfredi è un list-maker.
 
“Deve vincere al primo turno. Il ballottaggio potrebbe essere ostico anche se partisse con un grande vantaggio”.   
 
Anche il Pd napoletano la pensa così.
 
“Che cos’è il Pd napoletano se non un raccoglitore di personale politico buono a fare voti, ma senza alcuna idea di futuro in testa?”
 
Marx può aspettare.
 
“Non scomodiamolo per queste cose. Anche perchè il film non l’ho ancora visto”.
 
Avrà visto il titolo del Foglio: “Una destra law & disorder”. Parla anche di Maresca.
 
“Da lui francamente mi aspettavo di più. Al di là della polemica di essere contemporaneamente magistrato e candidato: in Italia, le cose funzionano così”.
 
Qual è il suo errore?
 
“Se ascolta uno spin doctor che gli suggerisce di alzare i toni della campagna elettorale, commette una sciocchezza”.
 
Sondaggi alla mano, deve recuperare un sacco di punti da Manfredi.
 
“E chi lo dice che per recuperarli bisogna mettersi ad urlare? Tanto più che già abbiamo avuto per 10 anni un magistrato che ha urlato solamente…”.
 
Gli dica lei qualcosa.
 
“A Napoli ci sono due tipologie di voti. Quello che starei per dire che si compra, ma che definisco ‘clientelare’. E quello libero della pubblica opiniione”.
 
Partiamo dal primo. Alla Andreotti, si alza il telefono e si dice: “A Frà, che te serve?!” 
 
“Io non do giudizi moralistici. Anzi, capisco pure chi si è allontanato dalla politica non ritenendola più credibile e ragiona dicendo che, tutto sommato, gli serve avere qualcuno al Comune per le sue piccole comodità. E per questo proliferano liste e listarelle”.
 
Il secondo tipo di voto, invece.
 
“E’ quello che scaturisce dalla opinione pubblica. De Magistris, sia la prima che la seconda volta, ha vinto grazie a questo tipo di voto. Ma Maresca non parla a questa Napoli in maniera positiva, in maniera propositiva”.
 
Occasione persa.
 
“Eppure, sulla carta, aveva il phisique du role”. 
 
E invece.
 
“Con lui, mi sarei aspettato una maturazione del confronto programmatico, sulle cose vere della città. Non è stato così. Magari, però, non lo so: c’è ancora tempo?”. 
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