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Caserta – Dovranno comparire il 14 settembre prossimo al Tribunale di Napoli (settima sezione collegio C) per il dibattimento i ventuno imputati di associazione a delinquere finalizzata all’estrazione dei datteri di mare – mollusco di cui è vietata anche da Convenzione internazionali la cattura, la detenzione e il commercio – dal loro habitat naturale sulle scogliere e alla successiva commercializzazione; condotte che per la Procura di Napoli avrebbero compromesso irrimediabilmente le scogliere antemurali del Porto di Napoli (Molo San Vincenzo e Molo San Giovanni), quella a Castellammare di Stabia, e persino le universalmente note pareti rocciose di natura carbonatica dei Faraglione di Capri.
Le operazioni di martellamento della roccia per estrarre i datteri, andate avanti quasi giornalmente per oltre 20 anni, avrebbero danneggiato irrimediabilmente anche il delicato ecosistema sottomarino, permettendo ai responsabili di fare profitti enormi. Si calcola che nei soli due mesi di lockdown (marzo-maggio 2020) sarebbero stati raccolti 8 quintali di molluschi venduti a prezzi tra i 100 e i 200 euro al chilo al mercato nero. E’ stato il giudice per le indagini preliminari di Napoli Federica Colucci a disporre, su richiesta della Procura, il giudizio immediato per i 21 imputati, sei dei quali sono attualmente in carcere mentre sette sono ai domiciliari (sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza nel marzo scorso); tra gli imputati compare anche il 41enne Angelo Esposito, militare in servizio presso la Guardia Costiera di Portici, che avrebbe rivelato agli altri indagati l’esecuzione di operazioni programmate contro la pesca di frodo. La metà degli imputati (12), percepivano inoltre indebitamente il reddito di cittadinanza, per cui rispondono anche di truffa. Tutti inoltre sono ritenuti elementi del cosiddetto “gruppo Amato”, dal cognome del capo indiscusso e promotore dell’organizzazione, ovvero il 57enne Pasquale Amato detto “O Palumbaro”, considerato il dominus del mercato nero dei datteri , colui che da decenni pianifica l’estrazione e il commercio del mollusco, che vende a Napoli e in numerosi altri comuni limitrofi, anche del Casertano, a ristoratori, commercianti, titolari di ville per cerimonie; il 57enne gestisce anche un’attività a Secondigliano e immensi campi abusivi di militi all’esterno del Porto di Napoli, che occupano illegittimamente il demanio marittimo, e che furono ritenuti un pericolo durante le Universiadi del 2019, quando lambivano il campo di gara del torneo di vela; per Amato, l’aiuto del militare Esposito è stato determinante proprio per evitare alla Guardia di Costiera di scoprire tali campi. “Braccio armato” del capo sono ritenuti i familiari, in particolare i cugini Pasquale e Vincenzo Amato di 56 e 51 anni, coloro che, almeno dal 2000, si occupano di estrarre i datteri dalle rocce con escursioni notturne subacquee; ci sono poi i tre figli e i nipoti del “Palumbaro”.
Tra gli estrattori di datteri vi è poi Giuseppe Viola, colui che avrebbe danneggiato profondamente i faraglioni di Capri compromettendo almeno il 50% della popolazione di molluschi. Molte centinaia le transazioni di datteri accertate dagli inquirenti nel periodo in cui è durata l’indagine (maggio 2018-maggio 2020); solo Pasquale Amato avrebbe movimento in pochi mesi due quintali di datteri. Tra gli imputati anche dipendenti pubblici che hanno svolto il ruolo di intermediari delle vendita, come Francesco Baldo, dipendente della società che la gestisce funicolare di Capri, Ciro Di Sabato, dipendente dell’Asl 1 Napoli Centro. Nel processo che inizierà a settembre compariranno tredici parti offese, tra cui il Ministero per la Transizione Ecologica, i Comuni di Napoli e Capri, l’Inps, la Regione Campania, associazione ambientaliste come Wwf, Legambiente, L’Altritalia Ambiente (difesa da Gennaro Caracciolo).
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