Napoli – “Abbiamo fame di sapere e fretta di salvare, per questo ci siamo unite e non ci fermeremo”. Dolore, rabbia ma anche speranza e voglia di combattere nelle parole delle donne dell’associazione “Forti Guerriere“ che ieri si sono riunite nella basilica di Santa Maria della Sanità in occasione della messa in ricordo di Fortuna Bellisario, donna e mamma uccisa dal marito il 7 marzo del 2019.
La funzione è stata celebrata dall’Arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia che, nella sua omelia, ha ricordato quanto è importante uscire dal “tempo di rassegnazione e indifferenza” e ha lanciato un messaggio di speranza, sottolineando che le lacrime versate finora “non sono disperse, ma raccolte in un catino di speranza e saranno acqua per generare il futuro”. Al marito, Vincenzo Lopresto, dopo due anni di carcere, il giudice ha concesso la detenzione domiciliare ritenendolo ‘non socialmente pericoloso’. Una decisione che ha lasciato nello sgomento tanti cittadini e a cui hanno reagito le donne dell’associazione che, al termine della celebrazione eucaristica, hanno organizzato un flash mob di protesta con palloncini e nastri rossi. “Con questa manifestazione vogliamo lanciare un messaggio forte. Vogliamo far capire a chi ha bisogno di aiuto che noi ci siamo” ha spiegato Titti Pascale, componente delle ‘Forti Guerriere’. “E chiediamo giustizia per una giovane mamma che ci ha lasciato due anni fa, per questo abbiamo le mascherine con la scritta ‘In-Giustizia per Fortuna’, il messaggio che abbiamo lanciato nei giorni scorsi davanti al Tribunale di Napoli in silenzio, chiedendo una scelta diversa, perché questo episodio è un lasciapassare per chi ha comportamenti violenti nei confronti delle donne”.
Le donne del comitato, nato al Rione Sanità dopo la morte di Fortuna, hanno come obiettivo infatti quello di portare avanti attività di sensibilizzazione e prevenzione, supportate da padre Antonio Loffredo e da volontari e professionisti: “Appena l’emergenza Covid ce lo permetterà, vorremmo organizzare dei corsi nelle scuole e nei centri educativi per adottare un approccio a lungo termine – ha concluso Pascale – e insegnare abilità per la vita come il rispetto delle donne e non solo, a partire dal bambino fino all’adolescente”.
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