Crack Firema, condannati i fratelli imprenditori Gianfranco e Roberto Fiore

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Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ha condannato per il reato di bancarotta fraudolenta con distrazione, a quattro anni e sei mesi di carcere, i fratelli Gianfranco e Roberto Fiore, appartenenti ad una nota famiglia di imprenditori napoletani, rispettivamente ex presidente e membro del Cda della Firema, azienda casertana che produce carrozze ferroviarie da qualche anno diventata di proprietà degli indiani di Titagarh, il cui nome oggi è Tfa.

Gli altri tredici imputati, tra cui il terzo fratello Giorgio Fiore, ex amministratori e dirigenti dell’azienda casertana, sono stati invece assolti ma non per tutti i capi di imputazione; per un capo sempre di bancarotta infatti, il tribunale ha rinviato gli atti alla Procura di Santa Maria Capua Vetere, essendo emersi fatti nuovi durante il dibattimento; l’ufficio inquirente potrebbe dunque chiedere, alla luce dei nuovi elementi, un nuovo rinvio a giudizio e si potrebbe celebrare un altro processo. Applaude alla sentenza la Cgil di Caserta, unica a costituirsi parte civile nel processo, e assistita dall’avvocato Sergio Tessitore. “Si è conclusa una lunga battaglia giudiziaria che riconosce le nostre ragioni e ci vede uscire a testa alta” dichiara Matteo Coppola, segretario Generale della Camera del Lavoro di Caserta. “La nostra costituzione come parte civile – prosegue Coppola – voleva sottolineare, ancora una volta, la vicinanza e il sostegno concreto ai lavoratori che hanno subito scelte aziendali che si sono rivelate oltre che penalmente rilevanti, anche sbagliate dal punto di vista aziendale, penalizzando pesantemente le condizioni economiche e di vita dei lavoratori. Questa è  solo una delle  delle lunghe battaglie sindacali e giudiziarie che come Cgil e come Fiom stiamo conducendo da anni a fianco dei lavoratori Firema. Attendiamo di ricevere ottenere giustizia anche sul procedimento riguardante i lavoratori esposti all’amianto ”.

Soddisfatto anche Giovanni Ianniello, lavoratore della ex Firema e oggi in Tfa, nonché delegato Fiom-Cgil, secondo cui la condanna conferma “la scellerata gestione della ex Firema Trasporti, azienda di eccellenza nel settore ferroviario,  che dal 2009 in poi ha visto la perdita di oltre 600 posti di lavoro sul nostro territorio”. Dopo il crack del 2010, la Firema fu sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria, prevista dalla “Legge Marzano”: la gestione fu così affidata al commissario di nomina governativa Ernesto Stajano che portò i libri contabili in Procura, dando il via alle indagini. La gestione Stajano durò fino al 2015, quando la Firema è stata venduta ad una cordata capeggiata dalla multinazionale indiana Titagarh e composta anche dalla società napoletana Adler.

L’indagine sulla bancarotta, nel marzo 2014, portò agli arresti domiciliari i fratelli Gianfranco e Roberto Fiore, entrambi poi tornati in libertà. Nella circostanza, il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che emise l’ordinanza parlò di un dissesto da 54 milioni di euro attraverso operazioni definite “di ingegneria economica”. E intanto a pagare sono stati i lavoratori. “Dopo la vendita dell’azienda agli indiani – ricorda Iannielloi dipendenti non hanno mai recuperato un euro degli stipendi e di tutte le spettanze accumulate, molti non sono nean che più riusciti a trovare occupazione”. Intanto domani, sempre al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, si celebrerà il processo bis sulle morti degli operai Firema legate all’esposizione all’amianto.

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