Il lavoro, la lotta, il sorriso: ciao Antonio, ancora non ci credo

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Benevento – Una persona che ha lottato strenuamente per la conquista di un suo diritto, il posto di lavoro. Antonio De Ianni voleva lavorare e non si dava pace per il fatto di essere stato espulso da quel mondo. Non esitava dinanzi all’opportunità di protestare, talvolta attraverso gesti clamorosi, ma non si negava a nuove esperienze e a nuove professioni, tutte lecite. 

Insomma, Antonio non era uno che si rassegnava. Non uno di quelli che se ne stanno sul divano ad aspettare l’assegno del reddito di cittadinanza. Sempre disponibile e rispettoso del mio ruolo di cronista che provava a raccontare l’incredibile vertenza lavorativa sua e quella dei suoi colleghi, mai una parola fuori luogo e fuori posto. Ora che un tragico incidente stradale lo ha sottratto alla vita, ancora non ci credo.

Ci eravamo sentiti l’ultima volta pochi giorni fa non per segnalare l’ennesima tappa del suo calvario lavorativo, quanto per una vicenda lieta, che lo rendeva orgoglioso: “Diego, stavolta ti chiamo per qualcosa di bello“, mi aveva detto chiedendomi di pubblicare gli auguri per la laurea di sua figlia. Ma al di là di questo, mi scriveva spesso e ogni tanto ci incrociavamo per strada. Mi aggiornava sulla vertenza ultra-decennale dei consorzi rifiuti del bacino beneventano, ma tra noi era nata soprattutto una bella amicizia. Negli anni è sempre stato in prima linea nella lotta, diventando un volto conosciuto, ma io ho avuto soprattutto la fortuna anche di apprezzare la persona. Un dono che conserverò. 

Ho conosciuto Antonio insieme ai suoi colleghi, ben 123, tutti nella stessa situazione. Lo trovavo a fare barricate, sempre in lotta affinché fossero riconosciute le sue ragioni. Era ai sit-in, in protesta sui cornicioni degli edifici privati e pubblici, parlava a nome di un esercito di lavoratori che chiedevano una cosa molto semplice: il rispetto della loro dignità. Da quando fu decretata la fine dell’esperienza dei Consorzi rifiuti – generata dalla crisi economica ma anche dall’incapacità di fornire risposte da parte della classe politica – non è passato un giorno che non sia stato da lui dedicato a questo obiettivo. 

Se infatti altrove i dipendenti dei Consorzi erano stati in qualche modo riassorbiti, a Benevento ciò non era accaduto. La lunga trafila per cercare una nuova collocazione è stata un tormento, tra continui confronti con le istituzioni locali e regionali che non hanno mai dato una risposta definitiva.

Ricordo le interminabili riunioni in Prefettura, anche in pieno agosto, nella speranza che si sbrogliasse finalmente una matassa complicata. Ricordo i continui rinvii e rimpalli di responsabilità. Altri si sarebbero arresi ma lui era testardo. Credeva che alla fine si potesse riuscire a trovare la giusta soluzione. Nel 2015 salì su una gru insieme ad un collega nel cantiere edile del museo di piazza Duomo; un’altra volta si incatenò davanti al Tribunale, un’altra davanti alla Cattedrale, cercando invano il supporto della Chiesa. Cito questi esempi perché sono il riflesso della sua voglia di lottare.

Qualcosa negli ultimi tempi sembrava essersi mosso. La Regione Campania attraverso dei nuovi corsi di formazione, aveva aperto a un possibile ritorno al lavoro negli Ato (ente che nel Sannio è nato solo sulla carta) e ad Antonio era stato assegnato un posto in un comune della valle caudina. Sembrava sollevato e tranquillo, lo vedevo finalmente sorridere cullando il desiderio di un possibile ingresso nell’Asia. Ora, purtroppo, questi discorsi appartengono al passato.

Ieri sera ero sul posto per documentare l’ennesima tragedia stradale. Giunto in tangenziale non potevo sapere che quella persona era la stessa che fino a qualche ora prima aveva in qualche modo condiviso con me un piccolo, grande percorso. Non solo di lavoro ma di vita. Poi ho saputo, e ancora non ci credo. Crederci è troppo difficile ora. Ciao Antonio.

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