Napoli – Il Napoli è in piena crisi e i risultati lo dimostrano. Capire le ragioni di questa evidente flessione non è questione da poco: quello degli azzurri è un calo fisico o mentale? Ci sono attriti tra i giocatori e l’allenatore? Ci sono spaccature nello spogliatoio?
A settimane alterne si è detto tutto e il contrario di tutto: che la società fosse in in rottura con lo staff tecnico, che alcuni calciatori remino contro l’allenatore. Niente di più e niente di meno rispetto a quello che è successo nel post ammutinamento con Ancelotti. Eppure, inizialmente, sembrava potesse essere questo l’anno del Napoli. Una squadra che a inizio campionato volava e al tempo stesso Juventus e Inter erano in difficoltà.
Una squadra che, ironia del destino, si è sfaldata quando sono cominciati i problemi di formazione per Gattuso. Gli infortuni di uomini chiave, come Osimhen, Mertens e Koulibaly hanno tolto certezze agli azzurri, mettendo pressione alla rosa. Archiviato il primo quarto di stagione e con la ripresa del campionato, il Napoli ha raccolto le briciole.
Di colpo la difesa ha ricominciato a palesare i problemi dello scorso anno. Sul banco degli imputati sono finiti tutti, non solo i quattro difensori; è la fase difensiva a fare acqua, la squadra viene spesso infilata in ripartenza. Anche in attacco si sono registrati segnali allarmanti. Nonostante le buone indicazioni arrivate da Lozano e le diverse soluzioni a disposizione, è tornato a porsi il problema centravanti.
Osimhen, appena tornato dall’infortunio, non segna dall’8 novembre 2020 contro il Bologna, e Petagna quando è stato chiamato in causa non ha garantito continuità in zona gol. Intanto, però, c’è da raddrizzare una stagione che rischia di essere già compromessa. Tutto questo mentre la Coppa Italia è finita, la qualificazione in Champions diventa difficile ed è in dubbio persino la ciambella di salvataggio dell’Europa League.
I problemi del Napoli: troppi gol subiti e poca precisione sotto porta
Analizzare i fatti, dunque: pochi gol, gioco deficitario e molto nervosismo. C’è qualcosa che non va oltre al gioco, questo è chiaro, e il rischio è che la situazione sfugga di mano a una società “inesistente”. Alcune dichiarazioni di Gattuso sono suonate di troppo e De Laurentiis ha preferito tacere. Ancora una volta, quando si trova nelle difficoltà, il presidente scompare.
La questione tecnica non è poi marginale: gli azzurri non sanno essere più incisivi, risultando compassati e prevedibili nello sviluppo del gioco. Gattuso, in questo senso, ha delle responsabilità: non si vedono proposte alternative rispetto al Napoli brillante dei primi due mesi, sia dal punto di vista tattico che dell’utilizzo dei calciatori.
Il 4-2-3-1 è stato vivisezionato dai tecnici avversari che hanno saputo predisporre valide contromisure. Contro le formazioni che giocano con nove elementi dietro la linea della palla, i partenopei fanno fatica a vedere la porta. E quando la vedono, mancano di precisione.
Naturalmente non mancano le voci relative ad un avvicendamento in panchina: Rafa Benitez e l’indimenticato Walter Mazzarri sarebbero tra i candidati alla successione di Gattuso, anche se si fa nuovamente largo l’ipotesi che porterebbe a Maurizio Sarri. Il risultato che si genera è la totale confusione e i ranghi, poco a poco, si sfaldano. Quando si perde l’armonia, ciascuno inizia a pensare al proprio tornaconto.
Se qualche giocatore pensa, dunque, di aver fatto il suo tempo, faccia le valigie. Se la società non ha più rapporti con il tecnico, lo mandi via anche rispetto a eventuali malumori dello spogliatoio. Se Adl sta maturando la convinzione che la guida tecnica non dia più sufficienti garanzie per il conseguimento degli obiettivi prefissati, allora si proceda con una decisione alternativa.
Va fatta chiarezza perché se per vincere un trofeo ci vuole molto sudore e tanta pazienza, per perdere tutto basta davvero un attimo. E anche la tifoseria, che fino ad oggi ha pensato solo a sostenere la squadra, potrebbe perdere la pazienza.
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