Benevento – Il primo ad alzare la mano. A uscire allo scoperto. “Senza attendere tavolini e caminetti”. Candidato sindaco di Benevento quando ancora partiti e addetti ai lavori erano concentrati sul voto per le regionali. Una scelta di rottura rispetto alle prassi consolidate.
Scelta che Federico Paolucci rivendica senza ripensamenti: “La dimensione della città e l’epoca che ci apprestiamo a vivere determinano la necessità di risposte diverse“. E pazienza se qualcuno, anche nel centrodestra, non ha gradito. Con gli alleati, comunque, stop alle polemiche. “Abbiamo posto solo questioni politiche“. Nessun passo indietro, però. “Se poi qualcuno dovesse superarmi, vorrà dire che sarà stato più bravo“. Ma – aggiunge in una metafora mutuata dal ciclismo – dovrà “essere un ottimo scalatore“. Eccolo, dunque, Federico Paolucci, fino a poche settimane fa portavoce provinciale di Fratelli d’Italia, incarico lasciato proprio per giocarsi in libertà la partita di palazzo Mosti.
È lui il nuovo ospite di Anteprima24 in questa lunga marcia di avvicinamento alle elezioni amministrative della città capoluogo.
Partiamo da un dato, ponendo sul tavolo la sua candidatura a sindaco ha anticipato tutti. Nel ciclismo, però, chi dà il via alla volata spesso finisce con l’essere scavalcato sul traguardo. Rifarebbe questa scelta?
“Assolutamente si. Non trovo nulla di strano nel proporsi come candidato. Anzi, dovrebbe essere il percorso normale di tutti coloro che ritengono di avere la passione e la voglia di farlo. Senza attendere tavolini e caminetti. Se poi qualcuno dovesse superarmi, vorrà dire che sarà stato più bravo. Ma, restando al ciclismo, dovrà essere un ottimo “scalatore”…“
Intanto si è dimesso da portavoce provinciale di Fratelli d’Italia. La domanda sorge spontanea, perché? Non sarebbe stato più comodo, per lei, lasciar giocare la partita della candidatura ai vertici nazionali dei partiti del centrodestra?
“Certamente più comodo, come lei dice, ed avrei anche un margine di certezza maggiore. Ma continuo a ritenere che la partita a Benevento vada affrontata oltre gli schieramenti. Oggi ancora non sappiamo come cambierà la politica e cosa resterà degli attuali partiti dopo le macerie lasciate dal Covid. La dimensione della città e l’epoca che ci apprestiamo a vivere determinano la necessità di risposte diverse”.
La coalizione del centrodestra, nel frattempo, si è messa in moto, anche se a fatica. E al momento l’elemento mancante pare essere proprio Fratelli d’Italia… cosa sta accadendo?
“E’ la normale evoluzione di un centrodestra che, dopo il PDL, non ha mai avuto una dialettica ed una coesione vera sul territorio. Ecco perché ho insistito sulla vicenda delle scorse provinciali. Era quello l’unico momento di incontro del centrodestra, a livello locale. Ed ancora oggi è il vero banco di prova. E’ inutile fingere di essere alleati alle politiche o alle regionali (dove le coalizioni non si decidono sul territorio) e poi parlare lingue diverse nel Sannio. Ammetto che Fratelli d’Italia ha usato toni forti, ed io per primo, per stigmatizzare questo approccio, ma in politica è necessario. Altrimenti restano accordi finti tra soggetti uniti solo dalla voglia di potere, come è accaduto alle regionali tra il PD e Mastella (e come forse accadrà anche alle prossime amministrative)“.
Cito una sua frase: “Il centrodestra sannita a trazione leghista non è il centrodestra. E’ la destra dei caminetti e dei sotterfugi. Quelli che compaiono solo quando gli conviene”. Con chi ce l’aveva?
“Con nessuno. Nulla di personale. E’ il frutto di quello che ho detto prima. Se nessuna iniziativa politica congiunta è stata fatta fino ad oggi, restano i caminetti. Ma sono certo che questa fase è servita e sarà presto superata. Fratelli d’Italia abbasserà i toni e gli alleati comprenderanno che le nostre sono state solo questioni politiche. Per il resto, chiedo scusa fin d’ora per alcune dichiarazioni che possano aver colpito la sensibilità di qualcuno. Ma non vi è mai stato nulla di personale“.
Lei, così come Fratelli d’Italia, è sempre stato critico nei confronti dell’amministrazione Mastella, salvo re-incontrarlo nel periodo delle dimissioni. E’ proprio tutta da bocciare l’esperienza di governo dell’attuale sindaco?
“Se c’è qualcuno in città che, in buona fede, la pensa diversamente, alzi la mano! Ma il discorso è più complesso, e meriterebbe più spazio. Per ora possiamo dire che Mastella è la prova che non basta essere un bravo politico per essere un buon sindaco. Il politico spesso è divisivo, il sindaco deve unire e guidare. Mastella ha diviso per continuare a restare a galla politicamente. C’è riuscito alle provinciali ed alle regionali, ma ha fatto affondare una città che già aveva grosse falle nella chiglia; e la roulette russa degli assessori, con intorno il balletto dei continui cambi di casacca sono la prova di quello che dico. Quando l’ho incontrato si era dimesso perché voleva fare il centrodestra, ed era stanco di ricatti e “succhiaruote” (parole sue). Come responsabile provinciale di Fratelli d’Italia non potevo non incontrare un sindaco che, allora, era di Forza Italia. Poi, folgorato sulla via di De Luca è ricominciata la danza dei “succhiaruote”, ed ancora non è finita…“.
Immagino abbia seguito la discussione interna al fronte “deluchiano”. Il Pd sannita ha ribadito che sarà alternativo a Clemente Mastella. Andrà a finire così?
“C’è un PD alternativo. E poi c’è un altro PD. Le regionali e le elezioni a Sant’Agata de’Goti sono solo le prime avvisaglie di una lacerazione non più ricomponibile (se non sull’altare della “ragion di stato”). Cioè uno scontro di potere interno ad un partito che ha perso la sua anima da molti anni ed ora si sta avviluppando in una faida senza ritorno. Le amministrative alla provincia e nel capoluogo sono per il PD solo un regolamento di conti per gli assetti del partito, che si appresta a celebrare subito dopo un congresso ‘lacrime (poche) e sangue (molto)’. Ma tutto questo, con il dibattito sul futuro della città c’entra ben poco“.
La sua candidatura sarebbe da interpretare anche come una ripresa del discorso avviato anni fa da Pasquale Viespoli e Sandro D’Alessandro o quella storia, ormai, è chiusa?
“Nessuna storia è mai chiusa. E non per questioni di parte politica, ma proprio per la storia della città, credo che i cittadini in buona fede, di qualunque colore politico, ricordino quelle amministrazioni come le più feconde, sia per il dibattito, sia per il lavoro svolto e per le opere messe in campo. Ed ho sempre sostenuto che questa fase, per la città, è iniziata con Pietrantonio e si è conclusa con D’Alessandro. D’altra parte lo stesso Viespoli, pur essendo stato prima un accanito oppositore di Pietrantonio, da sindaco non ha mai rinnegato il principio della continuità amministrativa. Che significa che quando si cambia amministrazione non si butta, oltre “all’acqua sporca, anche il bambino”. Ed ha interpretato la funzione di sindaco pensando al ruolo strategico della città e costruendone una prospettiva. I tentativi della prima giunta Pepe si sono poi purtroppo arenati nel realismo del potere, facendo diventare Benevento un grosso paese senza futuro“.
Fossimo già in campagna elettorale, quali i temi su cui insisterebbe?
“Il futuro della città è nella sua storia. E se si dimentica questo, come è stato negli ultimi anni, non si riesce a cogliere l’anima di una città che ha bisogno di tornare ad essere crocevia e “Capitale”. Vedo che tutti si affannano scrivere programmi, ma la mia grossa delusione è ascoltare e leggere cose che potrebbero essere valide per Benevento come per Catanzaro o Cremona. Tutte cose giuste, per carità. Ma manca la grande forza simbolica della costruzione del futuro, come speranza, sogno, traguardo. Che crea senso di appartenenza e voglia di partecipazione nei cittadini. Questo può accadere solo riannodando il fili con la propria storia. E, nel caso di Benevento, anche con la propria geografia. E non è una battuta. Altrimenti accadrà come la attuale amministrazione Mastella che, parafrasando Tolkien, non finirà “con uno schianto, ma con un piagnisteo”.
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