Roma – Il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli alza bandiera bianca sulla chiusura dello stabilimento Whirlpool di Napoli. Incalzato oggi al question time sull’interrogazione presentata dal senatore napoletano Sandro Ruotolo il ministro continua ad arrampicarsi agli specchi. Dura la replica dei sindacati: “Si è ormai arreso alle decisioni della multinazionale”
L’interrogazione sul caso Whirlpool Napoli
“Abbiamo fatto il possibile per far restare Whirlpool a Napoli – spiega dall’aula del Senato il ministro dello Sviluppo replicando a Ruotolo – oggi dobbiamo fare il possibile e sono certo che ci riusciremo perché quelle persone non perdano il lavoro ma rimangano operative in quello stabilimento anche se con un altro gruppo e con un altro prodotto”.
Dopo la richiesta del senatore del Gruppo Misto di “riaprire una trattativa e incontrare la Whirlpool con le organizzazioni sindacali, i rappresentanti dei lavoratori per verificare la possibilità e le condizioni affinché la produzione dello stabilimento resti a Napoli” il ministro del Movimento continua a propinare fantasiose reindustrializzazioni, da tempo bocciate all’unisono da operai e sindacati dello stabilimento di via Argine.
“Dobbiamo trovare, e lo stiamo facendo, un imprenditore serio che voglia investire in quella fabbrica, e metteremo a sua disposizione tutti gli strumenti approntati per salvaguardare lo stabilimento” spiega il titolare del Mise nascondendo difatti il totale flop di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa a cui proprio Patuanelli aveva affidato il compito, ormai più di un anno fa, di trovare possibili acquirenti per la fabbrica di lavatrici.
Nonostante dal Governo è stato “fatto il possibile per far restare Whirlpool a Napoli” lo scorso 31 ottobre, così come aveva annunciato da mesi l’azienda americana, i cancelli della Whirlpool di Napoli Est hanno chiuso i battenti. Lasciando in strada, nel pieno di una pandemia, oltre ai 350 operai del sito di via Argine anche i circa 600 lavoratori degli indotti regionali della multinazionale statunitense. Tracciando un disastro socio-economico per l’intera Campania.
Malgrado gli accordi industriali siglati dall’allora ministro del Lavoro, Luigi Di Maio e i vertici di Whirlpool dove si prevedeva un massiccio piano di sviluppo per il tessuto economico del Paese. Oggi così a quasi due anni di distanza il ministro dello Sviluppo Economico invece di impugnare la “sovranità del Paese” tanto promessa da Di Maio, si arrende ai vertici della multinazionale. Sperando nella ricerca, fin ora vana, di “un imprenditore serio che voglia investire in quella fabbrica”.
Durissima, come prevedibile, la replica delle sigle sindacali. “Su Whirlpool – spiega Antonio Accurso, segretario generale della Uilm Campania – il governo è disarmante nella sua ammissione di impotenza. Il ministro Patuanelli si è ormai arreso alle decisioni della multinazionale. Ratificando un precedente gravissimo per la credibilità e l’esigibilità degli accordi istituzionali“.
“Noi crediamo – chiarisce Accurso – che in realtà non ci sia la volontà politica di contrastare realmente la politica aggressiva e liberista di Whirlpool. Peserà questo atteggiamento sul resto del gruppo e su tante vertenze ancora aperte. Per noi la partita è ancora aperta e se pensano di presentarsi con soluzioni di basso livello sarà guerra aperta contro il governo che in questo momento nelle parole sta con i lavoratori, ma negli atti concreti sta con la Whirlpool e anche con le multinazionali. Se il personale in questo momento vedrà riconosciuti gli stipendi è grazie agli accordi sindacali e non certo all’azione di governo“.
“Il ministro Patuanelli si metta d’accordo con se stesso– tuona il segretario generale della Fiom-Cgil di Napoli, Rosario Rappa -. Come egli stesso ha affermato, rispondendo al Question Time sollecitato dal senatore Ruotolo, il governo non ha compreso fino in fondo le motivazioni di Whirlpool in merito alla chiusura di Napoli, ammettendo però che le linee produttive di via Argine sono all’avanguardia e insistendo sull’opportunità della ricerca di un imprenditore affidabile che tenga il sito aperto. Ci sembra questo un atteggiamento quanto mai confuso. Se c’è stato un errore nella scelta del prodotto da realizzare a Napoli, non ci capisce perché si debba affidare ad un nuovo imprenditore la fabbrica”.
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