Benevento – Quando è venuto al mondo lui, un altro mondo si era appena sgretolato. Finito, polverizzato. L’Unione Sovietica non esisteva più da una manciata di settimane, seppellita sotto le macerie del Muro di Berlino. Artur Ionita è nato a metà del guado tra quello che ormai rappresentava il passato e un futuro inevitabilmente intriso di scorie e dissapori: 17 agosto 1990, un anno dopo la ‘liberazione’ e un anno prima della proclamazione dell’indipendenza della Repubblica Moldava. Giorno più giorno meno.
Il suo calcio, di irruenza e tempismo, ha radici profonde. Si nutre di caratteristiche figlie di un’infanzia e di un’adolescenza ben lontane dai canoni occidentali. Se non ti dai da fare in un contesto simile finisci per pagare dazio. Specie in certi luoghi, soprattutto in certi anni. Ti rendi conto fin da subito quanto sia necessario prendere a spallate la vita. “La mia famiglia non poteva darmi grandi cose, ma nonostante tutto papà mi ha sempre sostenuto. Se sono qui è anche grazie a lui”, confidò a cuore aperto nel corso della presentazione a Verona, anno 2014, sfoderando una sorprendente padronanza della lingua italiana (parla anche il russo, l’inglese e il tedesco, oltre al moldavo e al rumeno).
Ma d’altronde a farsi trovare pronto è abituato. Spezza il gioco, si inserisce quando può e ripulisce palloni preziosi per chi opera in cabina di regia. Non di rado usa la testa anche per gonfiare la rete. Gli è successo contro Inter, Roma, Sampdoria, Sassuolo, Chievo e Palermo. Questi i sussulti nel gioco aereo nella sua esperienza in serie A, dove le presenze sono arrivate a quota 174, i gol a 12 e gli assist a 11. “Ma non sono uno che segna spesso, quel compito tocca ad altri”, tenne a precisare dopo un gran gol siglato in Spal-Cagliari, due anni fa. “Ero in area per caso, è stata una fortuna che sia andata bene”. Andatelo a rivedere, quel gol (vi diamo una mano, è qui). Raccoglie il passaggio di Padoin con un complesso doppio controllo di destro e poi conclude col mancino prendendo in controtempo il portiere Gomis.
Quantità sì, tanta, ma non solo, perché Ionita usa discretamente entrambi i piedi. Basta chiedere ai tifosi del Chievo. Il sinistro dai 25 metri depositato all’incrocio sul finire del derby veronese edizione 2015/2016 è un’autentica perla (eccolo), per non parlare dello scatto che mise la parola fine alla sfida col Palermo del 2017, quello che sancì anche la sua prima – e al momento unica – doppietta in serie A (lo ammirate qui). Robusta anche l’esperienza con la Nazionale moldava: 45 presenze (alcune delle quali da capitano) e 3 reti contro Lituania, Montenegro e Costa d’Avorio.
“Una mia dote che spicca sulle altre? Il carattere”, disse ancora in quella conferenza. “Non sono un calciatore tecnico, ma quello che ho passato nella mia infanzia mi torna utile in campo. Sono moldavo, ho conosciuto la sofferenza da piccolo e questo mi ha segnato. Ho grandi motivazioni e reagisco sempre”. E pazienza se quel nome, Artur, è un nome da re. A lui riesce meglio il ruolo di scudiero, preferibilmente da mezzala in un centrocampo a tre. E’ questo che sarà da oggi in avanti per una Strega che atterra sul pianeta serie A con una rinnovata voglia di stupire.
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