Caserta – Dopo aver partorito tre gemelli e avendo un regolare contratto di lavoro con permesso di soggiorno, ha chiesto al Comune di Castel Volturno (Caserta) l’assegno di maternità e quello per nuclei familiari con almeno tre figli, ma se l’è visti negare in quanto, a dire dell’Ente, non si era avvalsa per la pratica degli enti convenzionati, e non era in possesso “del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo”.
Si è così rivolta al giudice del lavoro che le ha dato ragione, accertando la condotta “discriminatoria” del Comune ai sensi delle norme comunitarie; l’ente locale è stato così condannato insieme all’Inps, ente che avrebbe dovuto erogare i fondi. E’ la storia di una lavoratrice nigeriana che ha svolto i lavori di bracciante agricola e donna delle pulizie, madre di cinque figli, residente a Castel Volturno, probabilmente tra i “ghetti” più grandi d’Europa, con i suoi circa 15mila migranti non regolari e un numero più esiguo, circa cinquemila, di extracomunitari regolari; tra questi figura proprio la donna, i cui figli peraltro, come tanti altri ragazzi di origine africana che vivono a Castel Volturno, sono tutti nati in Italia ma ovviamente non hanno la cittadinanza.
La straniera ha presentato domanda per aver accesso ai benefici rispettando i termini di legge (sei mesi dal parto trigemellare), ma non ha ricevuto risposta dal Comune; si è così recata presso gli uffici dell’Ente, dove le hanno comunicato che non aveva diritto agli assegni, pur avendo un lavoro regolare e pagando, dunque, le tasse. Assistita dagli avvocati Emilia di Lena ed Edmondo Pacelli, la donna ha presentato ricorso al giudice del lavoro del tribunale di Santa Maria Capua Vetere; il magistrato Rosa Capasso, nell’ordinanza di qualche giorno fa, ha così ordinato “al Comune di Castel Volturno di cessare immediatamente la condotta discriminatoria posta in essere” e di riconoscere alla ricorrente sia “l’assegno di maternità” che quello “per i nuclei familiari con almeno tre figli minori”, sussistendo, in entrambi i casi, i requisiti di legge, tra cui un redditto basso. Secondo il giudice, la norma invocata dal Comune sul permesso di lungo soggiorno non si applica, in quanto “crea una disparità di trattamento tra cittadini italiani e stranieri”, mentre nel caso specifico va applicata direttamente la normativa comunitaria, ovvero l’articolo 12 della direttiva 98 del 2011, secondo cui i lavoratori stranieri “beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne … e) i settori della sicurezza sociale”.
“Pacifico – scrive il giudice – è che le prestazioni richieste dalla ricorrente rientrino nel settore di sicurezza sociale definito nel regolamento CE n. 883/2004, trattandosi di prestazioni volte a sostenere i redditi delle famiglie, al fine di contribuire alle spese per il suo sostegno”. I legali della donna , che parlano di una “decisione innovativa, tra le prime in Italia”, spiegano di aver seguito, “nell’istruzione di questo giudizio, le indicazioni della Corte di Giustizia Europea. I lavoratori, siano italiani oppure stranieri, hanno il diritto di vedere riconosciuti i loro benefici e di essere tutelati dalle leggi dello Stato”.
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