Salerno – Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa diramata dalla “Femminile Palestinese” in ricordo del designer Pino Grimaldi.
Il 22 marzo è scomparso Pino Grimaldi, designer salernitano tra i più innovatori, professore all’Accademia di Belle Arti di Napoli e al fianco di Maria Rosaria Greco nella rassegna “Femminile Palestinese”.
Un contributo essenziale, quello di Grimaldi, a partire dal logo e dal sostegno che in questi sette anni è stato tangibile, continuo, affettuoso, esiziale.
Per questo motivo, Femminile palestinese – attraverso la sua curatrice – ha voluto affidare ad una lettera il suo saluto ed il suo grazie ad un maestro, ad un amico, ad un visionario.
CIAO PINO,
abbiamo aspettato qualche giorno per salutarti. Non riusciamo a staccarci da te. E facciamo nostre le parole dell’AIAP, Associazione italiana design della comunicazione visiva “riuscire a convincersi che Pino Grimaldi ci abbia lasciato è una fatica dell’anima, prima ancora che della coscienza o della mente.” E parliamo a nome di Femminile palestinese e di Casa del Contemporaneo.
Questa rassegna rimane orfana, come le tue figlie Daria e Ilaria, abbiamo perso un padre, un grande maestro. Femminile palestinese è una tua creatura, non sarebbe mai nata senza il tuo prezioso lavoro, i tuoi insegnamenti, i tuoi consigli, che partivano dalla curatela, per esempio, che hai voluto io mi assumessi. E quindi eccomi, io.
Tu mi hai spinto a concretizzare un progetto a cui pensavo, ma che non avrei mai messo in piedi se tu non mi avessi spiegato l’importanza di mettere il nome della curatrice come garanzia di una produzione culturale. Mi dicesti che dovevo metterci la faccia e portare avanti il progetto con il mio nome per tutelarlo, perché altrimenti sarebbe stato spacchettato o depauperato, ed era verissimo. Mi hai dato forza contro ogni mia reticenza, vincendo ogni mia resistenza.
A iniziare dal logo tutta la comunicazione era tua, il successo di Femminile palestinese era anche la comunicazione d’autore che tu mettevi a disposizione, ovviamente rigorosamente pro bono, come tutti i consigli, le correzioni, le dritte. Se avevo un dubbio tu c’eri sempre, di sabato, di domenica, instancabile.
Mi hai insegnato tantissimo e te lo ripetevo ogni volta con devozione, grata al Dio della comunicazione, (e non certo della grafica) di avermi fatto incontrare te. Non eri solo un caro amico, un fratello, eri un maestro vero, a tutto tondo, perché eri anche maestro di vita, sempre umile, ma consapevole del tuo ruolo, positivo e sorridente, ma anche squisitamente irriverente. Ti definivi “ragazzo agé” mentre ridevi con il tuo sigaro in mano.
Conoscevi a fondo l’arte della maieutica, sapevi far crescere davvero chi avevi di fronte secondo le qualità di ognuno, senza nessuna prescrizione dall’alto. Anzi sapevi sedurre i tuoi allievi, e chiunque ti sentiva parlare. Conducevi tutti a te, al tuo sapere, al tuo mondo blur della conoscenza. Riuscivi a creare link fra le discipline, fra le persone. Non esistevano confini nel tuo pensiero geniale. Eri ossigeno per la mia mente e per tutti coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerti da vicino.
Averti avuto al mio fianco in questa avventura di Femminile palestinese è stato un grande onore. Lo scambio culturale, la visione comune e la tua freschezza erano uno stimolo intellettuale continuo. Non abbiamo solo lavorato duramente, ma abbiamo anche sorriso insieme, tante volte. Come quando a Ravello convincesti lo storico Ilan Pappe a cantare un pezzo dei tuoi amati Beatles, ovviamente parliamo di “With a little help of my friends” (e quale altro pezzo se non questo?).
Cantammo tutti insieme in un coretto memorabile e, naturalmente, facesti innamorare di te anche il grande storico che aveva rivisitato la storiografia ufficiale sulla nascita di Israele, parlando per primo di pulizia etnica della Palestina. E ogni volta che pensavi che proprio nel 1948 era iniziata la colonizzazione della Palestina, con un vezzo tutto tuo, realizzavi la tua età, visto che tu nascevi nello stesso anno.
E tu c’eri sempre, appena i tuoi innumerevoli impegni te lo consentivano. Con il regista Amer Shomali in Accademia di Belle Arti e al MADRE, con la scrittrice Adania Shibli a Palazzo du Mesnil e in tantissimi altri momenti. Poi mi proponesti una mostra per comunicare in maniera diversa la Palestina, mi piacque moltissimo l’idea di contaminare il mondo del design della comunicazione con un tema ormai dimenticato da tutti. Chi meglio di te e dei tuoi altrettanto autorevoli colleghi per veicolare una coscienza politica sulla decolonizzazione della Palestina? Eravamo felici quando vedemmo che tantissimi autori avevano risposto alla tua chiamata.
L’inaugurazione a Napoli in Accademia di Belle Arti fu bellissima, c’erano tutti i tuoi colleghi e c’era anche l’AIAP, nella persona di Marco Tortoioli Ricci, il Presidente, che nel frattempo aveva adottato il progetto, decidendo di portare la mostra poi a Milano nei locali dell’Associazione.
Ti ho incontrato l’ultima volta alla presentazione del mio docufilm “A Gaza le donne”. Anche qui, sei stato tu ad insistere perché io portassi a termine questo progetto, in un contesto per me nuovissimo. Mi sentivo persa. Già girare le riprese soltanto con il mio telefonino a Gaza, (oggi lo chiamano “mobile journalism”) è stata una impresa ardua, poi, una volta a casa, tu mi hai imposto di scrivere soggetto e sceneggiatura, di ordinare tutte le clip. Ma tu mi incoraggiavi, mi seguivi, insegnandomi “il mestiere” (guai a chiamare alcune cose “arte”, schifavi l’abuso di questa parola).
Poi scelsi la musica che in parte non condividevi, fino a quando non hai visto l’intero film, solo lì hai capito la mia scelta. Come ero felice quando mi hai detto che ti eri emozionato, che ti era piaciuto moltissimo. E questo grazie alla tua consulenza meravigliosa e all’enorme pazienza di Carlo Pecoraro che mi ha aiutato per il montaggio.
Il tuo entusiasmo per questo lavoro era la mia gratificazione più grande. Mi dicevi sempre che ero un’ottima allieva, perché assimilavo subito i tuoi insegnamenti, in realtà, lo ripeto, tu eri ossigeno per la mia mente, nutrimento essenziale e, quando te lo dicevo, tu sorridevi compiaciuto, perché questo alimentava il tuo sano narcisismo, con il quale giocavi con grande ironia.
Mi facesti un regalo enorme a essere presente quella sera della proiezione, perché fino all’ultimo non sapevi, ma alla fine eri lì, ancora una volta al mio fianco. Quello è stato il nostro ultimo incontro e io ancora non ci credo.
Quanto del tuo tempo prezioso hai speso per progettare una piccola e scomoda rassegna, come Femminile palestinese? Rassegna di cui però eravamo orgogliosi perché era una vera produzione culturale e poi perché ormai era diventata un brand (come dicevi tu) riconosciuto ovunque. Tutto pensato e confezionato in house, con il sostegno di Casa del Contemporaneo che aveva fatto una coraggiosa scelta di campo. Ovviamente non ti aspettavi alcuna forma di guadagno su questo tema della Palestina, semplicemente, in maniera generosa, ti piaceva lavorare a prodotti culturali di qualità e sostenere valori sociali autentici.
Non ti sei mai schierato con il più forte, non era nelle tue corde. In quella fede che non ti apparteneva, ma che tu rispettavi sempre, ti avrebbero chiamato un “puro di cuore” e il tuo candore in effetti era avvolgente e travolgente. Il tuo entusiasmo per la vita era unico, continuo. A chi ti chiedeva per esempio come stavi, la tua risposta energica, era sempre e solo “benissimo”.
La rassegna Femminile palestinese senza te non sarà più la stessa. Tutti noi non saremo più gli stessi senza te. Ma abbiamo avuto l’enorme privilegio di averti avuto al nostro fianco, di imparare da te tantissimo, insegnamenti che porteremo avanti.
Tu, che come ricorda l’AIAP, non hai mai voluto andare via da Salerno, da Napoli, dal Sud. “Una scelta difficile e poco riconosciuta, ma che hai voluto condurre consapevole del valore interdisciplinare e intergenerazionale”. E qui voglio giusto dare un piccolissimo cenno a tutti gli altri tuoi progetti e produzioni culturali soprattutto del passato.
Gli anni meravigliosi della fotografia, le sperimentazioni teatrali con Bartolucci e Filiberto Menna, il periodo con Gelsomino D’Ambrosio, i tanti progetti editoriali. Solo con AIAP, di cui tu eri socio onorario, hai ideato la rivista “Grafica. Teoria Storia e Metodologia” pubblicata per una decina d’anni, e poi la “Carta del Progetto Grafico”, tesi per un dibattito sul progetto della comunicazione. Non aggiungo altro, sarebbe un elenco lunghissimo e chi ti conosce sa bene chi sei.
Ci hai lasciato davvero tanto. E tanto ancora avevi in cantiere tra cui “Il design della comunicazione, la grafica è finita, il design non sta tanto bene, il marketing non c’è”. Ma noi tutti, innanzitutto la tua meravigliosa famiglia (che definivi sempre con grande orgoglio il progetto più bello che avevi costruito, e che abbracciamo con profondo affetto), Daria e Ilaria al tuo fianco da sempre, anzi “sul pezzo” come dicevi tu, i tuoi colleghi, i tuoi amici, una fra tanti Anty Pansera, che seguiva con te i tuoi progetti editoriali, insomma noi tutti e chi vorrà aggregarsi, porteremo a buon fine i tuoi lavori. Pino Grimaldi non finisce qui.
Possiamo solo ringraziarti per tutto questo, caro Pino, e prometterti che ti onoreremo “comme il faut”, come si deve a un grande maestro come te.
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