Beni confiscati, lo “strappo” di Libera sulla tenuta simbolo dei Casalesi

ATTENZIONE!
Stai navigando all'interno del nostro sito web archivio che comprende gli articoli dal 2017 a fine 2021.
Per le notizie in tempo reale ti invitiamo a visitare Anteprima24.it
Tempo di lettura: 3 minuti

Caserta – E’ strappo sul tema del riuso dei beni confiscati, in particolare di un bene, la tenuta Balzana di Santa Maria la Fossa (Caserta), tra il Libera e il Comitato don Diana da una parte, e il Consorzio Agrorinasce, che amministra per conto di sei Comuni del Casertano oltre 150 beni confiscati. Con una nota molto critica, Libera Caserta e il Comitato don Peppe Diana, guidati da Gianni Solino e Valerio Taglione, comunicano infatti che non parteciperanno “all’ennesima manifestazione di inaugurazione della tenuta La Balzana prevista per il 15 settembre prossimo”. Nel mirino delle due associazioni antimafia finiscono le ipotesi di riutilizzo del bene messe in campo da Agrorinasce che vorrebbe, si legge nella nota, “conferire a pagamento terreni ad agricoltori per metterli a coltura senza alcun ritorno all’intera collettività; tali soluzioni non ci convincono per niente perché rappresentano una forzatura dal punto di vista normativo e tradiscono inoltre interamente lo spirito della legge sul riuso sociale dei beni confiscati, che non prevede e non consente una sorta di privatizzazione di questi particolari beni pubblici”.

La confisca della Balzana, maxi-tenuta da 200 ettari con terreni e immobili produttivi, è divenuta definitiva solo a maggio scorso, dopo un iter lungo oltre 20 anni, in seguito alla sentenza della Cassazione, che ha rigettato il ricorso proposto dagli eredi di Dante Passarelli, il “re dello zucchero” ritenuto prestanome dei boss Francesco “Sandokan” Schiavone e Francesco Bidognetti. “E’ tutto assolutamente legittimo e previsto dalla normativa – ribatte Gianni Allucci, amministratore delegato di Agrorinasce – come Consorzio pubblico abbiamo scelto di coinvolgere anche aziende del territorio attraverso un bando pubblicato già nell’estate del 2016, cui hanno risposto ben 21 agricoltori di Santa Maria la Fossa; a loro abbiamo assegnato per un anno lotti di circa 10 ettari per la rigenerazione in vista di una futura ripresa della produzione agricola. Per anni – prosegue Allucci – questa tenuta è stata abbandonata, e ora necessita con urgenza di profondi interventi di ripulitura. Poi in futuro non è detto che non coinvolgeremo le associazioni, ma la normativa ci dà la possibilità anche di dare opportunità a privati, non vedo perché non dovremmo farlo” conclude Allucci. Libera e il Comitato don Diana ricordano poi che “nel recente passato, prima che la confisca divenisse definitiva, presentammo varie proposte tra cui quella, presa d’intesa con la rete di coop sociali già impegnate nella coltivazione di terreni confiscati del territorio, di mettere subito in produzione 100 ettari di terreno a grano tenero. Una coltura semplice per dare un segnale forte. I raccolti sarebbero stati utilizzati da un raggruppamento di panifici che si erano resi disponibili all’utilizzo del grano e ad attivare laboratori locali di panificazione, pastificazione e produzione di biscotti. Difficoltà burocratiche insormontabili sono state sempre però frapposte a queste soluzioni, facendo apparire come pretestuosa l’attesa dei provvedimenti definitivi arrivati solo a maggio scorso, dopo un colpevole abbandono di decenni”.

ATTENZIONE!
Stai navigando all'interno del nostro sito web archivio che comprende gli articoli dal 2017 a fine 2021.
Per le notizie in tempo reale ti invitiamo a visitare Anteprima24.it