Benevento – La sua ultima volta da queste parti la ricordano fin troppo bene. Filtrante dalla trequarti di Branca per un colpo di tacco delizioso a beffare Montipò sotto la Sud del Vigorito. Gabriele Moncini, particolare non trascurabile, aveva addosso la maglia del Cittadella. Quella gemma, estratta da un profondo cilindro, segnava la fine dei giochi. Tre a zero, Benevento a casa e veneti in volo verso la finale play off persa contro il Verona.
Curioso che a succedergli nella prodezza sia stato una settimana fa Marco Sau, suo prossimo compagno di reparto, che con l’Ascoli si è lasciato andare a una finezza simile. Per Moncini c’è comunque necessità di voltare pagina e riallacciare il dialogo con il gol. Da quella gioia ‘letale’ per gli sportivi sanniti, l’attaccante di Pistoia non ha più segnato, ma per questioni… Semplici. Tornato alla Spal dopo il prestito in Veneto, è stato impiegato soltanto tre volte dal tecnico degli estensi in serie A. Chiuso da Petagna e Paloschi, Moncini non è riuscito a far valere il recente curriculum che la scorsa stagione lo aveva consacrato definitivamente tra i professionisti: quindici gol in venti presenze al Cittadella, frutto di un ricco repertorio e di una invidiabile capacità nel leggere i momenti della partita.
Sicurezza e ambizione hanno forgiato il calciatore che è adesso. Classe ’96, per capire che ha sempre creduto in se stesso basta andare a ripescare un’intervista rilasciata a gianlucadimarzio.com nel febbraio scorso. Quando gli è stato chiesto di citare un momento da dimenticare della sua carriera, ha riavvolto il nastro fino al 2013, quando aveva 17 anni: “In estate la Juventus decise di mandarmi in prestito al Cesena, in serie B. Ci rimasi male, mi sentivo in grado di giocarmi le mie carte per arrivare in prima squadra”. Non una prima squadra qualunque, ma quella di Antonio Conte, già tricolore l’anno precedente.
Proprio nella Juventus, ma qualche anno prima, giocava il suo idolo di sempre: David Trezeguet. “Da piccolo ricevetti in regalo un suo autografo, ero felicissimo. E’ sempre stato il mio punto di riferimento”. Per sua stessa ammissione ha la testa dura, Moncini, ma lo studio lo ha abbandonato per concentrarsi sul calcio, cosa che a quanto pare gli riesce benissimo. Se non avesse indossato gli scarpini avrebbe proseguito gli studi dirottandoli su Economia e Commercio, ma così no. “Non mi piace fare le cose tanto per farle, devo essere concentrato su un unico obiettivo e dedicare a quello tutte le mie energie”. Il prossimo è il ritorno in serie A. Il Benevento è già sulla strada giusta, toccherà adesso a lui accompagnarlo fino al casello dei sogni.
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