Poveri e poco produttivi. Il Sud conferma il trend negativo certificato ieri da Svimez (LEGGI QUI) anche dalla ricerca pubblicata da “Infodata Sole 24ore”, sulla media del prodotto interno lordo per abitante (il valore dei prodotti e servizi realizzati all’interno di uno Stato in un determinato arco di tempo) relativo alle province d’Italia (dati ufficiali 2016). Si va dai 14.600 euro per abitante della povera provincia di Agrigento fino ai 52.000 euro della ricchissima provincia di Milano. Tra tutte le province italiane solo 40 arrivano o superano la media europea di 28.200 euro per abitante e nessuna, naturalmente, è della Campania. La provincia più povera della nostra Regione è Benevento; nel Sannio infatti il PIL arriva a 15.800 euro per abitante, piazzandosi ben al di sotto della media europea.
Non sta molto meglio la provincia di Caserta con 15.900 euro per abitante su una popolazione che sfiora il milione. Va leggermente meglio nella provincia di Avellino che è avanti di due sole posizioni rispetto a Caserta ma con un PIL per abitante superiore di 1.200 euro (17.100 euro su una popolazione di 425.325 persone).
Salerno e Napoli, le due province campane più produttive e dove risiedono in totale 4.220.404 abitanti, restano anch’esse di molto sotto la media. Salerno raggiunge un prodotto interno lordo di 17.500 euro per abitante mentre Napoli è la migliore tra le province campane ma nettamente la peggiore tra i 4 grandi agglomerati urbani d’Italia (Torino, Milano, Roma) con 18.500 euro di PIL per abitante.
Dati che confermano l’enorme divario tra il Nord e il Sud del Belpaese (nessuna provincia del Sud supera la media europea con Potenza migliore tra tutte e ferma a 22.600 euro per abitante), certificato ieri dal rapporto Svimez 2019: “L’economia e la società del Mezzogiorno”, in cui viene evidenziata la fuga dei giovani del Sud verso città che offrono maggiori possibilità di lavoro e dunque di guadagno rispetto a un Mezzogiorno che vive nella “stagnazione” perenne. Un trend che, secondo Svimez, “potrebbe essere invertito solo con investimenti pubblici per la creazione di posti di lavoro, soprattutto per le donne”.
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