Salerno – Fu Bruno Di Meo ad uccidere lo scorso 23 aprile Domenico Pennasilico, in un agguato nelle campagne di Giffoni Sei Casali, zona Cerzoni, in cui il pastore si era recato con il figlio Generoso per recuperare dei capi di bovino che pascolavano. Ma nonostante il ragazzo, che era riuscito a sfuggire all’attacco avesse nell’immediatezza indicato, attraverso una telefonata al 112, il nome dell’autore dell’attentato, sono stati necessari diversi mesi alla procura e ai carabinieri per ricostruire tutta la vicenda e trovare importanti prove. Bossoli e segni vari su un terreno impervio hanno ricostruito le tappe dell’omicidio: Pennasilico fu colpito prima alla zona sacrale con un fucile a pallettoni, poi ad una distanza di un metro e mezzo, in una zona letale. Il principale indiziato, peró, fornì come alibi di aver partecipato alla festa della Madonna della Carbonara dove c’è la tradizione di sparare ai caciocavalli e sfuggire così alla prova per ritrovare la polvere da sparo. Non è bastato. Oggi i carabinieri hanno elementi inconfutabili sulle sue responsabilità. La procura parla anche di prima editazione. Fu scelto il 23 aprile giorno di Pasquetta perché la punizione avesse un significato ancora più importante per la famiglia. Il movente è una faida tra le due famiglie di pastori Di Meo e Pennasilico per il controllo del terreno di pascolo. Ma ad agire non fu solo Bruno Di Meo. La procura mantiene il massimo riserbo ma ha detto chiaramente che le indagini proseguono alla ricerca dei complici.
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