Napoli – Ore cariche di ansia e angoscia per i lavoratori dello stabilimento Whirlpool di Napoli. Diffusasi la notizia della decisione della multinazionale americana di cedere la fabbrica di via Argine alla società svizzera Prs, tra gli oltre 400 operai coinvolti nella vertenza ha subito iniziato a serpeggiare una fortissima preoccupazione. Il passaparola è stato rapidissimo e social e gruppi whatsapp sono stati subito presi d’assalto dai commenti dei diretti interessati, i quali non sembrano riporre alcuna fiducia nella società che ha rilevato l’impianto di Napoli Est.
«La vita di 200 famiglie – è il grido di un operaio Whirlpool – uno dei pezzi più importanti della storia operaia della nostra città, sta finendo nelle mani di una società anonima che ha solo una cassetta postale a Lugano, due dipendenti e un brevetto relativo ad una tecnologia per la conservazione dei cibi. Questa storia già l’abbiamo vista troppe volte. L’abbiamo vista con Eutelia, l’erede della gloriosa Olivetti fallita dopo essere stata ceduta a un’altra misteriosa società con sede in uno scantinato nella periferia di Londra. Non serve – conclude – essere degli esperti di economia aziendale per capire che la cessione di ramo d’azienda è solo un espediente che la Whirlpool sta utilizzando per mascherare un licenziamento collettivo. Dopo aver preso le sovvenzioni dallo Stato dicendo che avrebbero garantito i livelli occupazionali ora gli “americani” scappano. Non possiamo tollerare tutto ciò. Chiunque di noi abbia almeno due neuroni attivi riesce a capire che non è un acquirente ma una testa di legno messa in gioco ad hoc dall’azienda». Sulla stessa lunghezza d’onda il pensiero di un altro impiegato della fabbrica di via Argine: «La Whirlpool non ha fatto altro che seguire un piano ben preciso con un obiettivo da noi ancora “sconosciuto”. Come si può pensare di accettare una riconversione con una ditta sconosciuta senza capitale sociale e che non ha prodotto fin oggi nulla. Cosa c’è sotto?». Un interrogativo che, sempre più inquietante, aleggia giorno dopo giorno sulla testa di 410 operai: «L’obiettivo è certo – sentenzia un altro lavoratore – quello di scappare».
E a conti fatti i timori dei lavoratori napoletani sembrerebbero essere tutt’altro che infondati. L’azienda che ha acquistato la fabbrica partenopea, come spiega il giornale svizzero “Tio”, è in effetti quantomeno “misteriosa”. La Prs Sa ha sede in corso Elvezia 16, a Lugano, nello stesso stabile dell’associazione degli industriali di cui non farebbe però parte. In Ticino la società non avrebbe inoltre siti produttivi ma soltanto una cassetta per la posta presso una fiduciaria. Il fondatore, un imprenditore di Lecco, nel 2009 aveva inoltre a proprio carico appena due dipendenti. Insomma, premesse tutt’altro che rassicuranti.
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