Scardinare la mentalità mafiosa, “il caso Arturo” tra bullismo e baby gang (Video)

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Benevento –  Baby criminalità, bullismo e cyberbullismo. Tre grandi temi d’attualità che questa mattina, nella Sala Lettura del Dipartimento Demm dell’Università del Sannio, in piazza Arechi II, sono stati dibattuti da studenti, docenti, esperti e magistrati. Partendo da: “Il caso Arturo”, il ragazzo napoletano di 17 anni che, il 19 dicembre 2017, venne aggredito e colpito con diverse coltellate, tra le quali una sferrata alla gola, in via Foria da un branco di quattro minorenni. Oltre trenta punti di sutura, corde vocali tagliate, danni al polmoni e alla milza. La lenta ripresa, il processo, la lotta dei familiari, la vicinanza dei compagni di scuola e la nascita dell’associazione “Artur” nata proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul fenomeno drammatico quanto ancora troppo poco conosciuto del bullismo. 

E’ proprio il presidente dell’associazione, Maria Luisa Iavarone, madre di Arturo e docente di Pedagogia dell’Università degli Studi “Parthenope” a intervenire raccontando i momenti più duri vissuti da Arturo e illustrando il ruolo delle tecnologie nel contrasto al bullismo e al cyberbullismo: “Arturo non è solo un ragazzo accoltellato ma il simbolo di una città ferita che torna a sanguinare per malattie strutturali come l’abbandono scolastico, il disagio sociale e le povertà educative e la mancanza di lavoro. Se non riusciamo a prenderci cura dell’infanzia e dell’adolescenza – ha proseguito Iavarone – non ci sarà futuro per il nostro Paese”.

Sulla vicenda personale e di suo figlio Arturo, la pedagogista ha aggiunto: “Sono momenti dolorosamente attivi in ogni istante della mia giornata quando scruto Arturo nei suoi momenti no, nelle fasi down, mi accorgo che vive e tocca quotidianamente i suoi demoni e che deve con fatica ricostruire un futuro. Credo, inoltre, che sia necessario attenzionare l’uso delle nuove tecnologie e in questo senso la magistratura sta facendo un lavoro scrupoloso”.

Intervento preceduto dai saluti istituzionali del direttore del Demm, Giuseppe Marotta, del presidente del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza, Ernesto Fabiani, e del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, Aldo Policastro: “Considero il bullismo e il cyberbullismo come l’altra faccia della violenza degli adulti. I giovani sono maggiormente malleabili e influenzabili dai messaggi di sopraffazione, di forza e violenza che premiano colui che impone qualcosa agli altri. E i media accelerano questo processo”.

Così Policastro, che ha apprezzato lo sforzo della società civile, delle istituzioni e della dottoressa Iavarone nell’esportare un dolore privato in un contesto di battaglia collettiva: “Queste sono occasioni importanti anche per riflettere sul ruolo della famiglia e soprattutto delle madri,  sia positivo che negativo, addentrandoci nel delicato tema dell’espoprio dei minori a quei genitori che non sono in grado di educare ai valori positivi i propri figli. Le nuove tecnologe mettono in difficoltà il mondo degli adulti che spesso sono incapaci di comprendere la pervasività di questri strumenti. Un tema da porre in primo piano – ha concluso Policastro – in più ambiti mettendo in campo azioni preventive affinché ciò che è accaduto ad Arturo non avvenga mai più”.

Concetto ribadito con forza anche dal Procuratore aggiunto del Tribunale di Benevento, Giovanni Conzo: “La tutela dei minori in contesti difficili è fondamentale. Scardinare la mentalità mafiosa e camorristica dalla mente dei figli dei criminali è un elemento prioritario per evitare episodi come quello accaduto ad Arturo. L’omertà – ha proseguito Conzo la violenza, la volontà di comando, si diffonde da padre boss a figlio. Abbiamo lavorato duro per catturare i capi clan adulti e ora ci troviamo i figli, anche minorenni, che proseguono nel disegno criminale dei padri. E’ neccessario che lo Stato intervenga, anche assumendo provvedimenti dolorosi ma ricchi di speranza, che riabilitino ed educhino i minori a un mondo diverso, mostrando loro che esiste altro al di fuori dei contesti malavitosi in cui si sono ritrovati a crescere”.

Proprio sulla gestione della baby criminalità è intervenuta Maria de Luzenberger Milmernsheim, procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni di Napoli, mettendo in risalto la necessità della prevenzione, le difficoltà nel perseguire i minorenni e di agire nell’ottica di un recupero sociale: “I due piani si intersecano perché quando capitano reati gravi commessi da minorenni dal piano penale passiamo anche a quello civile per il controllo dell’idoneità dei genitori”. E dunque partendo dall’educazione familiare e dal ruolo attivo nelle segnalazioni di disagio sociale da parte delle scuole, operare per evitare e attenuare i comportamenti devianti. Il problema serio e di difficile risoluzione riguarda proprio quei ragazzi che alle spalle hanno famiglie disastrate, frequentano poco o addirittura abbandonano la scuola. Aumentare l’assistenza sociale con una maggiore presenza dei ricettori del disagio, sarebbe una misura efficace per frenare ma soprattutto prevenire il fenomeno della baby criminalità.

NEL VIDEO LE INTERVISTE ALLA DOTTORESSA MARIA LUISA IAVARONE E AL PROCURATORE GIOVANNI CONZO

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