Il Benevento di Bucchi ha completato la sua metamorfosi

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Benevento – Rivoltato come un calzino. Non negli uomini, ma nella mentalità. La prestazione dell’Arechi ha confermato la metamorfosi di un Benevento che sembra ormai il lontano parente di quello visto a inizio stagione. La squadra che prometteva fuoco e fiamme a suon di gol, sacrificando sull’altare del campionato l’invulnerabilità difensiva, si è convertita alla religione opposta. Il gol è una minaccia da sventare, più che un colpo da esplodere a ripetizione. La sintesi è nelle parole di Nicolas Viola, uno che ha ritrovato il campo dopo tre mesi e che pare proiettato adesso in una dimensione di tutt’altra natura: “Cosa è cambiato rispetto alla mia ultima presenza? Adesso giochiamo per non prendere gol”, ha detto il numero dieci con estrema semplicità a pochi minuti dal fischio finale di Abbattista.

Saranno anche parole risicate ma racchiudono tutto il senso del lavoro svolto nell’ultimo trimestre dalla squadra di Bucchi. In particolare, prendendo in esame le ultime due gare con Venezia e Salernitana, stupisce il dato dei tiri in porta lasciati agli avversari: quattro, e tutti parati agevolmente da Montipò. Tolta la gara di coppa con l’Inter, catalogabile tra quelle ‘fuori concorso’, solo a Lecce il Benevento andò leggermente in affanno all’inizio delle due frazioni patendo il gioco salentino e punendo gli avversari con quello che è ormai un marchio di fabbrica: la giocata di Insigne per Coda. A volte va bene (al via del Mare), altre va male (ieri all’Arechi), ma resta il carattere di imprevedibilità. L’avversario sa che il Benevento proverà a colpire poche volte con decisione, ma non sa quando lo farà. Un atteggiamento logorante per chi fronteggia la Strega illudendosi di avere in mano la partita e la manovra. Ecco, queste sono cose che al Benevento attuale non interessano più di tanto. Cinismo e solidità hanno sostituito il possesso palla e la costruzione. 

Prima che a qualcuno possa capitare di storcere il muso, sgombriamo il campo da ogni equivoco. Tutto questo non vuol dire che il Benevento non vanti la giusta qualità in tutti i reparti, ma che quella qualità la sta rendendo funzionale a un altro tipo di gioco. L’apporto di Caldirola, al suo debutto in maglia giallorossa, non ha fatto altro che confermare la nuova identità di questa squadra. Spietata quando si tratta di difendere, sorniona quando si tratta di attaccare. Crisetig non ha giocato un vasto numero di palloni, ma ha giocato quelli giusti. Più verticalità, meno fronzoli. I passaggi di Insigne per Improta e Coda per Buonaiuto nel primo tempo, e quello di Insigne per Coda nel secondo, nell’azione che poteva valere il due a zero, sono filtranti che se sfruttati a dovere si trasformano in colpi da ko. E’ tutta qui la differenza: situazioni come queste il Benevento non ne subisce più come prima. Grazie a una difesa che ha in Antei ormai un dominatore e a un centrocampo che indipendentemente dagli uomini sa cosa fare quando la palla ce l’hanno gli avversari. Ma anche grazie a un’intuizione di Bucchi, questo gli va riconosciuto. L’allenatore ha capito come fronteggiare gli ‘alti e bassi’ da lui spesso citati: non con il gioco, ma con l’attenzione e l’intuizione giusta al momento opportuno. Se funzionerà ce lo dirà solo il tempo, ma i punti stanno arrivando da ben sei partite consecutive. E alla fine saranno quelli a contare.

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