Le indagini hanno fatto luce su una serie di estorsioni, violenze private e violazioni in materia di armi ed esplosivi, reati aggravati dal metodo mafioso perpetrati negli anni 2013-2016 ai danni di imprenditori, esercenti commerciali e professionisti operanti nei territori di Castellamare di Stabia, Pompei, Gragnano, Pimonte ed Agerola. Dalle investigazioni sarebbe emersa la perdurante operatività di diverse storiche organizzazioni camorristiche: i clan D’Alessandro e Cesarano operanti, rispettivamente, nella zona collinare ed in quella “dabbasso” di Castellamare di Stabia, con ramificazioni fino a Pompei; nel mirino anche il clan Di Martino, egemone a Gragnano; il clan Afeltra operativo a Pimonte ed Agerola, tra loro sostanzialmente alleati, ciascuno dei quali ha continuato ad imporre costantemente il pizzo nei territori di rispettiva competenza, avvalendosi della propria forza d’intimidazione, esternata alla vittima di turno dai propri affiliati ovvero da soggetti contigui ai sodalizi criminosi.
Gli accertamenti hanno fatto emergere innanzitutto la figura di Adolfo Greco, influente imprenditore stabiese nei settori della commercializzazione e distribuzione del latte, immobiliare, ricreativo-turistico, da anni ritenuto contiguo e al contempo vittima delle principali organizzazioni camorristiche operanti nel territorio di Castellamare di Stabia e zone limitrofe: già raggiunto negli anni Ottanta da un provvedimento di cattura in quanto affiliato alla Nco di Raffaele Cutolo, poi condannato per favoreggiamento reale per l’intestazione fittizia del Castello Mediceo di Ottaviano, infine riabilitato.
Lo scenario investigativo ha svelato con chiarezza le vessazioni subite nel corso degli anni dal predetto imprenditore, ma anche il rapporto amicale e di collaborazione con gli esponenti apicali di diversi sodalizi camorristici locali (quali Teresa Martone, Pasquale e Vincenzo D’Alessandro, rispettivamente moglie e figli del defunto Michele D’Alessandro, fondatore dell’omonimo clan; Paolo Carolei, “luogotenente” di Pasquale, per conto dei quali Greco ha costretto il titolare di una catena di supermercati ad assumere un nipote dei Carolei; Ferdinando Cesarano, storico fondatore dell’omonimo clan; i vertici del clan Afeltra, per conto dei quali ha indotto un altro noto imprenditore del settore lattiero-caseario a corrispondere ingenti somme di danaro) i quali, consapevoli dell’enorme influenza sul territorio del predetto indagato, si sono avvalsi sovente della sua preziosa opera di mediazione per concludere delle estorsioni nei confronti di imprenditori della zona (particolarmente recalcitranti) nel modo meno cruento possibile, onde scongiurare il pericolo di denunce e di conseguenti pressioni investigative, senz’altro nocive per i loro affari; in altre parole il Greco (autodefinitosi “amico degli amici”) si relaziona da anni con la criminalità organizzata locale in modo funzionale ai propri interessi, elargendole periodicamente somme di denaro onde esercitare in assoluta tranquillità la propria attività imprenditoriale ed, avvalersi, al contempo di un prezioso referente (al quale garantisce tra l’altro il viatico per radicarsi nella società civile) per risolvere eventuali problematiche legate alla “strada”. Il “rispetto” e la “stima” di cui Greco gode in seno a questi cartelli camorristici rivelerebbero che l’imprenditore ha rapporti solo ed esclusivamente con i vertici di queste consorterie (ovvero con i loro familiari o fiduciari) i quali, peraltro, lungi dal “convocarlo” (come solitamente accade alle vittime di estorsione), gli prestano il dovuto “riguardo” recandosi personalmente presso la sua azienda, la Cil Srl di Castellammare di Stabia, previo appuntamento telefonico.
Inoltre sono state accertate numerose e diverse attività estorsive poste in essere dai vertici della suindicata consorteria criminosa in danno di imprenditori e commercianti, vessati anche con l’esplosione di ordigni come accaduto in danno di un supermercato, appartenente ad una nota catena commerciale, al fine di piegare la resistenza del titolare. Le investigazioni hanno inoltre evidenziato una serie di attività estorsive poste in essere dal clan Di Martino di Gragnano, in particolare da Liberato Paturzo e Vincenzo Di Vuolo in danno di diversi imprenditori e amministratori condominiali costretti a scegliere sotto minaccia le imprese contigue al clan per l’esecuzione di alcuni lavori edili. Minacce gravi estese anche a direttori di banca, come, ad esempio, nel caso di Liberato Paturzo, imprenditore edile, peraltro già condannato per il reato di cui all’art. 416bis, indicato quale volto imprenditoriale del clan D’Alessandro, ma contiguo pure ad altre realtà criminali come quella operante a Gragnano.
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