Caso Cucchi, la testimonianza che inchioda il partenopeo D’Alessandro

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Villaricca (Na) – Dopo dieci anni, può cambiare il corso degli eventi nella vicenda di Stefano Cucchi. La storia del geometra romano morto dopo essere stato condotto in caserma. Sono cinque gli imputati chiamati a rispondere per reati diversi. Si tratta di Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco, tutti imputati di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità, Roberto Mandolini di calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi di calunnia. Ed è proprio la testimonianza di Tedesco che inchioda Di Bernardo e D’Alessandro, quest’ultimo carabiniere di Villaricca, in provincia di Napoli. L’accusatore, in una denuncia, ha ricostruito i fatti chiamando in causa i due militari per il pestaggio e lo stesso avrebbe anche parlato di una nota di servizio da lui scritta su quanto accaduto e poi inviata alla stazione Appia dei carabinieri ma che successivamente sarebbe sparita. Un’ammissione di colpa personale e degli altri imputati: Mandolini, da lui informato; D’Alessandro e Di Bernardo, quali autori del pestaggio; Nicolardi quando si è recato in Corte d’Assise, già sapeva tutto. Il verbale “Gli dissi ‘basta, che c…fate, non vi permettete“. Queste le parole che Tedesco disse ai suoi colleghi carabinieri Di Bernardo e D’Alessandro mentre uno colpiva Cucchi con uno schiaffo violento in volto e l’altro gli dava un forte calcio con la punta del piede. Un’azione combinata con il povero Stefano che, stando alla ricostruzione, prima perse l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che lo fece cadere in maniera violenta sul bacino. Infine ci fu la botta violenta alla testa. Tedesco non si è sottratto alle sue responsabilità ammettendo di aver spinto Cucchi prima che ci fosse il calcio al volto di D’Alessandro mentre lo stesso era a terra. Una storia incredibile, dieci anni fatti di ricostruzioni fino ad arrivare a questa giornata importante che, forse, darà la giustizia cercata dalla famiglia Cucchi.

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