Benevento – Il dibattito sull’immigrazione e il sistema di accoglienza da tempo è al centro della agenda politica italiana e su vari livelli anche giudiziaria. L’arresto del sindaco di Riace ha spacccato ancora di più un’opinione pubblica fortemente coinvolta e strumentalizzata che anche nel Sannio, con gli arresti che hanno coinvolto il consorzio Maleventum, ha preso atto di una gestione anche criminale di un fenomeno sociale che non si riesce a governare.
Da una parte ci sono leghisti e pentastellati, autori prima di una campagna elettorale incentrata sul tema dell’invasione e sulla propaganda esclusiva dei porti chiusi e dei rimpatri, e poi del Decreto Salvini ancora da approvare; dall’altra troviamo i protagonisti veri e propri della gestione del fenomeno, orientati ad un’integrazione e a un approccio più inclusivo che vada oltre all’attuale direzione più detentiva che accogliente.
L’occasione per discutere del tema si è avuta durante la serata di ieri alla Libreria Masone di Benevento dove, chi vive e ha vissuto dall’interno il sistema dell’accoglienza, ha raccontato le proprie esperienze all’interno di Sprar, Cas ma anche all’esterno delle strutture. E’ stato Gennaro Avallone, insieme ad altri attivisti, rifugiati, mediatori culturali, a presentare il libro: “Il sistema di accoglienza in Italia. Esperienze, resistenze, segregazione”. Uno scritto che raccoglie testimonianze di vari operatori, rifugiati, associazioni che analizzano e descrivono il sistema dell’accoglienza provando anche a dare diverse alternative sulla gestione del fenomeno.
“Il tutto nasce nasce nel giugno 2017 – ci spiega Avallone – quando ho organizzato insieme al professor Giso Amendola dell’Università di Salerno un incontro il cui titolo era: “la Campania accoglie”. Abbiamo invitato una serie di persone, soggetti, gruppi e collettivi che lavorano in qualche maniera o sono in relazione con il sistema dell’accoglienza esistente in Campania. Tutto questo insieme alla rete “Lasciateci Entrare” che sostanzialmente fa controllo popolare all’interno delle strutture. L’incontro fu molto partecipato da varie realtà, dagli Sprar, all’ Ex Opg e associazioni come l’Atletico Brigante, con cui ci siamo confrontati scrivendo un report e facendolo poi circolare attraverso la rete. Successivamente abbiamo organizzato, sempre all’università di Salerno, altri incontri più specifici e ristretti; così ho pensato, a dicembre 2017, alla possibilità di mettere giù i vari punti di vista sul tema. Ho proposto un indice introduttivo chiedendo a ognuno di approfondire un argomento e consegnare il proprio contributo entro tre mesi”.
“Abbiamo poi scambiato, condiviso, dibattuto e registrato un’ultima riunione, trascrivendola alla fine del testo. Dunque – sottolinea il curatore del libro – la prima parte del libro è sostanzialmente un’analisi dall’interno scritta da diverse prospettive: da chi lo ha vissuto nei centri, da chi conosce bene il fenomeno migratorio africano, da chi ha studiato le politiche europee di migrazione a partire dal processo di Kartoum e di Rabat e cioè da quel momento in cui si sono costruite le politiche migratorie attuali dell’Unione Europea che non riguardano Salvini e Minniti ma provengono da un processo decisionale di almeno 15 anni fa. Nella parte finale abbiamo cercato di rispondere a una domanda: come andare oltre all’attuale sistema d’accoglienza?”
Le risposte non sono state univoche. “Ciò che viene fuori da questo libro è che forse c’è bisogno di un approccio su più livelli; non un solo modo per gestire l’accoglienza ma diversi e che rispondano a bisogni differenziati e particolari. Da alcuni è venuta fuori l’idea che sia opportuno chiudere i Cas e diffondere gli Sprar, da altri di chiudere tutto e fare una forte politica sulla casa. Dare solo servizi di accoglienza iniziali e poi puntare sulle case e sul lavoro, mettendo insieme davvero italiani e stranieri”.
“Dunque il fenomeno dei richiedenti asilo in particolare e delle migrazioni in generale può implicare punti di vostra differenti in una cornice democratica ma per arrivare a ipotizzare un politica che probabilmente non può essere unica. Dare rilevanza ad alcuni bisogni che sono differenti, più processi e percorsi non unico. Il decreto Salvini, ancora sulla carta, va a fotografare una situazione che c’è già. Sappiamo che il sistema SPRAR non si è mai diffuso , già ora l’80% è gestito con i Cas e questo sistema non va bene. E’ vero che è stato fatto del business; la destra lo usa per strumentalizzare il fenomeno, noi usiamo per superarlo e combatterlo”.
“Le persone – conclude Avallone – arrivano qui in cerca di giustizia e invece il sistema li demolisce. Si arriva in un sistema detentivo e non d’accoglienza, come se si etichettasse subito qualcuno come un possibile criminale. Si è costruito un nemico in questi 20 anni, facendo finta di accogliere le persone, isolandole in luoghi in cui non si possono relazionare con le persone del posto”.
Una risposta alla complessità del fenomeno e a come affrontarlo alla base, la dà Dimitri, un mediatore culturale nativo della Repubblica Centroafricana che ha vissuto il sistema di accoglienza italiana e che ora lavora come mediatore culturale allo Sprar di Torrioni, in provincia di Avellino: “Non abbiamo bisogno di aiuto a casa nostra, come pensa l’Europa. In Africa abbiamo bisogno che ci lasciate tranquilli; c’è necessità di autonomia, di libertà nello sfruttare le nostre immense risorse naturali. Le multinazionali e i governi non ci vogliono aiutare ma sfruttare le nostre terre attraverso l’oppressione neocoloniale; meno migrazione ci sarà quando saremo finalmente liberi”.
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