La confessione: “150 chili di uranio impoverito alla Montagna Spaccata”

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“Sono stato – mio malgrado – a contatto con oltre 150 chili di uranio impoverito contenuto nelle 576 munizioni da guerra (ognuna ne conteneva 300 grammi) accatastate, fino al 1994, nel deposito militare della ‘Montagna Spaccata a Napoli’. Munizioni che prima erano in armeria e prim’ancora sui pattugliatori della Finanza”. Il maresciallo in pensione della Guardia di Finanza Giuseppe Carofiglio è stato oggi ascoltato – sotto forma di esame testimoniale – in Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’Uranio Impoverito – presidente Gian  Piero Scanu – presso l’Aula del II piano di Palazzo San Macuto. Dice: “Proiettili costruiti in Italia, c’era scritto sulle etichette serigrafate”.      

Carofiglio ricostruisce: “Nel 1993 ero il capo armaiolo, ossia il responsabile delle armi della legione della Guardia di Finanza di Napoli. Nel deposito di munizioni delle Forze Armate della ‘Montagna Spaccata’ vidi una ventina di casse di munizioni con affisso il simbolo della radioattività. All’interno c’erano 576 munizioni API all’uranio impoverito, c’era scritto U238. Il collega di cui presi il posto nel ruolo di capo armiere mi aveva detto che esisteva un carico di munizioni del quale non vi era traccia amministrativa, ossia non era stato stilato il carico contabile”. Continua: “Mi impaurì vedendo quel simbolo: avevo un mio contatore Gaiger personale, semplice ma efficace. Quando lo avvicinai, i valori schizzarono a fine scala. Era il 1994, misi a conoscenza il Comando Generale UGA dal quale mi arrivò uno stralcio del manuale Nato con i consigli sui comportamenti da adottare. Lo stesso Comando generale UGA inviò al deposito i funzionari ANPA (l’attuale Arpa) da Roma. Vennero senza protezioni e, quando videro le munizioni oggetto del controllo, si allontanarono dicendo che era ‘meglio prendere precauzioni’. Pi ci dissero che se avessimo tenuto una sola munizione sulla scrivania per un anno ci sarebbe venuto il cancro. Nel loro verbale venne riportato che nelle casse c’era uranio impoverito. Constatarono le radioattività dentro e fuori dal deposito. Il materiale rimase però lì. Proposi al colonnello Comandante di portare le munizioni presso un deposito dell’Esercito per la conservazione in sicurezza ma, in tutta risposta, fu organizzata una esercitazione straordinaria di tiro che poi si tenne ad agosto 1994, probabilmente, tra Ponza e Ventotene. Questo per lo smaltimento. Nella mia lettera di trasmissione scrissi che le munizioni indicate per l’utilizzo in esercitazione erano ad uranio impoverito. Cosa confermata nei verbali delle unità navali impegnate”. Ma come sono arrivate le munizioni a Napoli? “Erano a bordo dei due pattugliatori della Guardia di Finanza costruiti nei cantieri navali di La Spezia. Nei primi anni ’90 furono poi costituiti a Napoli e a Taranto i due Roan, gruppi aeronavali della Guardia di Finanza. Quindi a Napoli fu deciso di portare tutto il munizionamento dei pattugliatori. Ma quelle erano munizioni da guerra. Nel cantiere navale di la Spezia sono state costruite altre navi, in particolare quelle destinate all’Iraq. Quattro corvette passarono alla Marina Militare in quanto l’Iraq non poté ritirarle tutte, bloccato dall’embargo allora intervenuto. Ritengo altamente  probabile che, quindi, altre unità navali italiane siano state armate con quel tipo di munizionamento. Mi risulta che circa 1.500 punizioni HI, i proiettili allo zirconio, sono ancora nel deposito della Montagna Spaccata”.  Il maresciallo Giuseppe Carufiglio tornerà in commissione il 5 luglio alle ore 14.30                    

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